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febbraio 07, 2011

Nel granaio del mondo: dove nasce la battaglia del cibo.

Mohamed Bouazizi, il giovane ambulante tunisino che si è dato fuoco a dicembre avviando la rivoluzione del gelsomino, non lo sapeva. Ma parte della sua disperazione, e di tutti quelli che sono scesi in piazza per le rivolte del pane a Tunisi o al Cairo, nasce proprio nella città di Calvino. Il più grande silos della Terra.

A Ginevra passa molta della produzione agricola mondiale. Questo è l'epicentro del terremoto delle materie prime che sta facendo impazzire equilibri politici e sociali. Una corsa sfrenata, con rialzi spettacolari e prezzi mai visti prima. Lo zucchero ai massimi da trent'anni, il caffè che ha superato le quotazioni degli anni Novanta. Grano, mais e soia con incrementi dal 30 al 70% rispetto a un anno fa. Un ottovolante nel piatto. I prodotti non arrivano mai fisicamente in Svizzera.

(segue dalla copertina) Eppure sono le 400 aziende specializzate nelle commodities agricole che decidono i destini di quello che mangiamo,o quantomeno il loro prezzo. Un ruolo sempre più forte e controverso, iniziato oltre un secolo fa, quando il mitico Orient Express faceva tappa a Losanna e i commercianti svizzeri organizzavano già il collegamento delle merci tra Asia ed Europa.

La cucina di Jean-Louis Gourbin non assomiglia a nessun'altra. Schermi al plasma, numeri che lampeggiano, montagne russe di istogrammi. Una sala trading sulle rive del lago Lemano che profuma di grano, mais, caffè. «In questo momento stiamo sorvegliando il riso», racconta bacchettando con una penna sui televisori. I coltivatori americani hanno appena annunciato l'ennesima riduzione dei raccolti. Gourbin è un vivandiere particolare, alle prese con sofisticati contratti finanziari, equilibri geopolitici, sorprese del meteo.

Sul suo tavolo sono arrivati aggiornamenti sulle piogge torrenziali in Malesia, che rischiano di compromettere la produzione di olio di Palma, mentre la Costa d'Avorio ha improvvisamente bloccato le esportazioni di cacao.

«Il nostro lavoro sta diventando sempre più complesso e imprevedibile», dice il direttore di Bunge Europe, azienda leader dell'intermediazione di derrate.

Tutto accade in pochi chilometri quadrati. A Ginevra si smerciano ogni giorno milioni di tonnellate di cibo. Ci sono le sedi delle più importanti società di trading, come Bunge, Cargill o Louis Dreyfus. Questa città che non ha affacci sul mare né porti è paradossalmente il quartier generale di molte aziende di trasporto che organizzano navi container e traversate transoceaniche per le derrate.

Le compagnie assicurative coprono i rischi, le banche finanziano i contratti, gli avvocati forniscono la consulenza legale. «Nessun'altra città riunisce tutte le competenze necessarie per l'intermediazione di materie prime attraverso il mondo», spiega con orgoglio Geert Descheemaeker, segretario generale del Gtsa, Geneva Trading and Shipping Association.

L'aumento delle imposte sul settore in Gran Bretagna ha definitivamente convinto molte aziende a traslocare da Londra a Ginevra. «Dalla prima impennata dei prezzi delle commodities nel 2008 - continua Descheemaeker - questa città è diventata per tutti " the place to be "». Nel settore lavorano almeno 8mila persone, con un giro d'affari annuo paria oltre 600 miliardi di euro. Dal 2006, le aziende registrate a Ginevra nell'intermediazione di materie prime agricole sono raddoppiate. Quando, a novembre, è stata organizzata la fiera Global Grain si sono registrati migliaia di rappresentanti da oltre cinquanta paesi.

La febbre delle commodities agricole ha contagiato anche le università svizzere che offrono nuove specializzazioni. «Mancano professionisti, molte aziende fanno vere e proprie aste per accaparrarsi i giovani diplomati - racconta il segretario del Gtsa - per chi lavora in questo settore non esiste disoccupazione». Prima di diventare il borsino mondiale del cibo, la città svizzera era diventata famosa per i petrodollari.

A Ginevra si scambia un terzo della produzione di petrolio e quasi tutto il greggio (80%) in provenienza da Russia e Kazakistan. «Ma il nostro è un mercato aperto e più trasparente di quello del petrolio», assicura Jean-Louis Gourbin. «Non abbiamo bisogno di speculare sui prezzi, i nostri guadagni provengono dalla logistica che offriamo e dalla nostra lunga competenza nel settore», dice ancora il direttore di Bunge Europe, che l'anno scorso ha comprato e rivenduto 141 milioni di tonnellate di materie prime, un giro d'affari di 13,8 miliardi di dollari.

Tra il 2007 e il 2008, durante la prima crisi delle materie prime, il Programma alimentare mondiale aveva calcolato che 150 milioni di persone erano rimaste senza cibo. I segnali per l'anno appena cominciato non sono buoni: i futures hanno toccato nuovi record e tutti gli esperti prevedono che i rincari alimentari continueranno. «Non possiamo permettere che pochi speculatori affamino milioni di persone», ha ripetuto Nicolas Sarkozy partecipando al forum economico di Davos, a poca distanza da Ginevra. Il presidente francese ha messo tra le priorità del G20 le misure per contenere la volatilità dei mercati agricoli.


Ma nelle stanze ovattate di Ginevra nessun operatore accetta il ruolo di imputato. Gli speculatori, rispondono, sono a Londra e New York. «Non siamo finanzieri - precisa il direttore di Bunge - ma commercianti. Mettiamo in collegamento domanda e offerta. Lavoriamo con prodotti solidi e reali, non siamo per nulla nel mondo virtuale dei derivati».

Il Fondo monetario internazionale e persino la Commissione Europea ha smentito Sarkozy, sostenendo che non sono i titoli derivati ad aver provocato l'impennata del prezzo delle derrate. «Diciamo che ci sono molti indizi e nessuna prova». Emmanuel Fragnière, docente di gestione del rischio alla Haute Ecole di Ginevra, punta lo sguardo sul distretto finanziario della città. Dal 2002, i contratti a termine sulle materie prime sono aumentati del 500%. Quasi metà dei silo di stoccaggio, spiega ancora l'esperto, appartengono oggi alle banche. «Nessuno vorrà ammetterlo e i controlli sono difficili - aggiunge Fragnière - ma ci sono performance di alcuni istituti di credito che parlano chiaro».

Nella rue de la Confédération, davanti alla famosa cioccolateria Gilles Desplanches, l'immobile azzurro di Bnp-Paribas ospita quattrocento trader specializzati nelle materie prime. JacquesOlivier Thomann è il responsabile del settore delle commodities.

«I contratti a medio o breve termine sono sempre stati uno strumento per garantire le operazioni del settore, mai un mezzo fine a se stesso». Secondo questo banchiere in grisaglia gran parte dei rincari alimentari di questi mesi provengono dai cataclismi naturali. Gli incendi in Russia, il fenomeno di Nina in Asia. E poi c'è la crescita demografica, il boom dei paesi emergenti. «La vera sfida per regolamentare i prezzi nonè sui mercati finanziari - aggiunge Thomann - ma nell'economia reale».

Quest'anno la richiesta di terre coltivate raggiungerà un altro massimo storico, pari a 1,744 miliardi di tonnellate, mentre l'offerta diminuirà a 1,718 miliardi. Le regole dell'agricoltura, conclude il banchiere, sono cambiate. I contadini possono decidere all'improvviso di cambiare coltura per aumentare il reddito, come sta accadendo negli Usa o in America Latina con i biocarburanti. E le rivolte del pane saranno veramente il pericolo del prossimo decennio? «Qualunque previsione può essere cancellata da eventi esterni, climatici o politici».

La febbre del cibo è appena cominciata.


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