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ottobre 22, 2013

Crisi finanziario-economica in atto: analisi e riflessioni ispirate al bene comune (2a parte).

Alcune conseguenze

      Va da sé il rilievo di come la gravità e il perdurare della crisi abbia inciso in modo molto spesso drammatico a danno della qualità della vita di milioni di persone e di famiglie sparse in molte parti del mondo. Non è qui il caso di fare un elenco, tra l’altro risaputo o/e facilmente verificabile, dei numerosi danni sociali provocati dalla crisi. A titolo di esempio basta ricordare alcuni dati: milioni di famiglie in America si sono viste pignorare la propria casa, dopo tanti sacrifici di lavoro.

La disoccupazione è cresciuta a livello mondiale, anche se non mancano eccezioni tuttavia non comparabili all’entità dei danni provocati. La disoccupazione è oscillata negli anni di crisi sia nell’area Euro che negli USA attorno al 10% ma con punte che hanno superato il 25% in Spagna ad esempio, percentuale di disoccupazione raggiunta negli USA solo durante la grande crisi del ’29-‘30.

Time - Money

Anche l’Italia ha conosciuto un significativo calo dell’occupazione: in quattro anni, dal 2008 al 2012, l’economia italiana ha perso 567mila occupati 6 nonostante che l’innalzamento dell’età lavorativa abbia favorito l’occupazione dei lavoratori sopra i 50 anni, unica categoria che ha visto crescere il proprio livello occupazionale, ma ad ulteriore detrimento della già compromessa occupazione giovanile.   Aspetto non meno preoccupante è il perdurare dei periodi crescenti di disoccupazione che rischiano di emarginare definitivamente interi ceti un tempo produttivi ed ora inattivi. Ne risulta anche un travisamento delle stesse statistiche che rilevano il tasso di disoccupazione.

E’ il caso, ad esempio degli USA il cui Labor Office non conteggia tra i disoccupati i cosiddetti scoraggiati, cioè coloro che hanno smesso la ricerca attiva di un posto di lavoro. Al dato ufficiale della disoccupazione formale, oggi a 12,1 milioni di individui pari a circa l’8%, in calo dunque rispetto ai mesi peggiori della crisi, bisogna tener conto di altri 10,1 milioni di individui, la cosiddetta disoccupazione informale. Tra disoccupazione formale ed informale gli USA contavano a fine 2012, 22,2 milioni di disoccupati di fatto corrispondenti al 15% della popolazione attiva 7

In alcuni paesi tradizionalmente con mercati del lavoro considerati rigidi come è il caso della zona Euro, la disoccupazione giovanile appare oltremodo aggravata:  essa oscilla dal 37% in Italia al 50% della Spagna.  Il potere di acquisto poi è notevolmente calato specie nei Paesi costretti a contenere i deficit di bilancio - vedi l’area Sud dell’Europa Italia compresa - sia per le aggravate imposizioni fiscali e sia per il taglio continuo dei servizi sociali. In Grecia in particolare, dopo cinque anni di crisi, la situazione appare al limite della sopportazione: disoccupazione al 21.8 % e quella giovanile ben al di sopra del 50%, le pensioni tagliate del 30%, gli stipendi dei dipendenti pubblici del 20%, centinaia di scuole chiuse e molti servizi pubblici eliminati. In molti Paesi tra cui l’Italia, le difficoltà delle famiglie si riflette nel restringimento dei consumi soprattutto dei beni di medio e lungo periodo, mettendo particolarmente in crisi interi settori produttivi come è il caso dell’edilizia e dell’industria dell’auto con tutte  le ricadute sull’indotto.

Conseguenze ancora più drammatiche si registrano in diversi altri Paesi emergenti  le cui economie sono legate al commercio e consumo della zona Euro ora in crisi. Qui esistono eccezioni rilevanti come le economie di alcuni Paesi africani ora economicamente in espansione come Nigeria, Etiopia, Angola  ed altri minori,  nonostante recenti sanguinosi conflitti di natura etnico-religiosa in alcuni casi tuttora in corso 8. Una ulteriore conseguenza è che stanno aumentando le disparità tra Paese e Paese e all’interno degli stessi tra le classi sociali, aggravando la situazione delle fasce più disagiate della popolazione e/o creando nuove povertà i cui sviluppi sono imprevedibili.

Le cause.

Crisi-economica

Spesso, nel valutare la crisi, si punta il dito contro la gestione di uno o dell’altro governo.  In Italia, in particolare, pesantemente influenzata dal dopoguerra in poi da forti ideologie contrapposte in parte spiegabile per la propria storia conflittuale, molti personaggi legati sia alla politica e non, tendono ad identificare le cause dei mali socio-economici  prevalentemente al colore di appartenenza della classe politica al potere. Le categorie classiche utilizzate per identificare l’appartenenza politica e la sua gestione sono notoriamente: Destra e Sinistra. Secondo quest’ottica l’origine e il perdurare delle crisi, come quella attuale, vanno esclusivamente o quasi ricercate nella cattiva gestione dell’una e dell’altra parte. Questo approccio si rivela del tutto insufficiente e fuorviante per capire il fenomeno attuale.  Piuttosto, la gravità e il prolungarsi della crisi trovano le loro ragioni in una serie di cause sia esterne che interne del sistema Italia.

Le cause esterne internazionali

Come già menzionato, la crisi attuale originata negli USA dai mutui Sub-prime, si é presto trasferita alle banche salvate dal governo USA contro gli stessi principi del  liberalismo economico classico e quindi  si è propagata a livello mondiale all’economia reale. Anche in Europa molte banche hanno avuto bisogno dell’aiuto pubblico. Un po’ ovunque gli Stati europei, in primo luogo la Gran Bretagna, hanno salvato le banche in difficoltà, ma anche altri Paesi considerati forti, come Germania e Francia sono intervenuti a sostegno delle proprie banche 9. La loro esposizione finanziaria a rischio era e rimane, per molte di loro, ancora alta. La maggior parte dei crediti verso la Grecia, ad esempio, è detenuta da banche tedesche e francesi con gli alti rischi che ne derivano  mentre  le banche spagnole si sono troppo compromesse nella bolla edilizia. Anche le banche italiane, inizialmente considerate solide, sono entrate in sofferenza come dimostra il recente caso del Monte dei Paschi di Siena. Ma della situazione del caso Italia parleremo poco più avanti, dato le sue peculiarità non sempre negative, almeno in questo caso. Il salvataggio delle banche nella zona euro si è rivelato più complicato rispetto agli USA, per via dei meccanismi comunitari e l’opposizione dei governi più forti a concedere crediti facili. La condizioni di salvataggio sono state di fatto condizionate da severi tagli alle spese, ai salari e all’occupazione  che hanno aggravato a loro volta la recessione. Ma anche laddove il salvataggio delle banche è riuscito, esso non è servito a correggere comportamenti spregiudicati delle banche stesse, considerati  dannosi nei confronti dell’economia e dei consumatori. 

crisi_economica

Appena uscita dall’emergenza la maggioranza dei grandi gruppi finanziari ha investito gran parte dei nuovi capitali ricevuti dai Governi, e in definitiva a spese dei contribuenti, non tanto in attività produttive ma in transazioni speculative tra banca e banca, oltre che attribuire ai propri vertici dirigenziali premi pecuniari sostanziosi. Ne è derivata così una nuova bolla speculativa che ha sottratto spesso il credito necessario ad imprese e famiglie e che ha impedito di rilanciare l‘economia e i consumi. In più di una circostanza negli ultimi scorsi mesi un numero di grandi banche tra cui UBS, Barclays, Goldman Sachs, Morgan Stanley, 10 hanno ammesso di aver manipolato indici finanziari, tra cui  il cosiddetto indice Libor, che ha causato aggravio per risparmiatori, investitori e consumatori. Molte famiglie si sono viste pignorare la casa per via della manipolazione di questi indici. Per uscire dall’impasse, le grandi banche hanno preferito e stanno preferendo, per quelle sotto inchiesta, di chiudere il conflittuale conciliando attraverso compensazioni pecuniarie consistenti 11.  Ma lo scandalo questa volta è talmente alto che le compensazioni non potrebbero essere sufficienti. Dipenderà dai Governi se sanzionare le banche secondo le loro responsabilità obbiettive o “accontentarsi” principalmente di soluzioni pecuniarie.

Concludendo questo primo paragrafo si può dire che numerose grandi banche, nonostante siano state letteralmente salvate dai governi e in definitiva dai contribuenti aggravando il bilancio degli stessi governi e delle famiglie,  non solo hanno corretto comportamenti a rischio, ma hanno premiato la loro tecnostruttura con generosi premi 12 e hanno riaperto nuovi giochi speculativi che hanno creato ulteriori difficoltà. Quando Giovanni Paolo II denunciò nel 1987 le cosiddette “strutture di peccato” nella non sufficientemente pubblicizzata Enciclica “Sollicitudo Rei Socialis” si rivolgeva appunto anche ad un sistema  finanziario orientato non al servizio del bene comune, ma alla brama di arricchimento 13. Rimangono perenni, a questo  proposito, le parole di San Paolo nella II lettera a Timoteo: “l’attaccamento al denaro è la radice  di tutti i mali” 14.

Le cause interne del sistema Italia

Il caso Italia, come non di rado accade, si presenta per certi versi paradossale. Inizialmente solide le banche italiane sono entrate principalmente in crisi trascinando con sé l’economia reale, per via della caduta di credibilità del sistema Italia, oltre che di qualche spregiudicata gestione come ultimamente emerso per  la banca Monte Paschi di Siena.  Gli investitori internazionali non credono o perlomeno nutrono grossi dubbi che l’Italia sia in grado di ottemperare i propri obblighi nei confronti dei creditori, a causa principalmente del suo alto debito pubblico e della scarsa credibilità politica. Ma che c’entra questo con le banche?  Le banche Italiane sono tra le prime a soffrirne perché detengono una grande quantità dei titoli statali regolarmente emessi dall’Italia per far fronte alla enorme spesa pubblica. Finora, dal dopoguerra a prima della crisi, prendere in prestito per l’Italia non è stato un vero problema. Ma oggi non è più così. Visto che l’Italia  è diventata  poco credibile, gli investitori e compratori di titoli esigono ora interessi più alti e a più breve termine, altrimenti vanno ad investire altrove, in Germania, ad esempio, che pur offrendo agli investitori titoli ad interessi minori dà più sicurezza. Per l’Italia l’aggravarsi della crisi finanziaria internazionale  è dovuta principalmente ad una crisi di fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche. Le banche sono entrate in sofferenza perché, come detto, gran parte dei loro crediti li hanno contratti,  tramite l’acquisizione di titoli vari come BTP e CTT con un debitore, lo Stato italiano che ha perduto gran parte della sua credibilità.

Ma perché la credibilità del sistema Italia è stata compromessa? Per certi aspetti il sistema Italia sembrava al sicuro avendo a suo favore, tra l’altro, un complesso patrimoniale di tutto rispetto  tra cui riserve auree tra le prime nel mondo, un patrimonio individuale familiare consistente, un patrimonio immobiliare pubblico grosso modo pari al suo debito e quindi, almeno teoricamente, coperto,  nonché una propensione al risparmio privato tra le più alte dei Paesi Ocse. Le banche erano solide. Diversamente dagli altri Pesi europei, il Governo italiano non è dovuto intervenire, se non in minima parte, per salvare le banche. Il caso del MPS rimane un caso circoscritto dovuto ad una imprudente gestione della Direzione, ma il sistema bancario nella sua globalità sembrava al sicuro e virtuoso rispetto alla bolla immobiliare. E allora perché questa caduta di credibilità?

Nonostante questi ultimi punti a favore, spesso ignorati dalle agenzie di rating e dai grandi media finanziari mondiali che fanno opinione negli ambienti  della grande finanza e degli investitori, è indubbio che il sistema Italia soffre di numerose peculiarità negative. Tra queste si possono annoverare:

  • Un tasso di attività inferiore del mercato del lavoro rispetto a tutti i maggiori Paesi industrializzati (la percentuale della popolazione attiva sul totale della popolazione è tra le più basse al mondo).
  • Un costo della politica eccessivo a volte combinato con una corruzione per lungo tempo tollerata tanto da far gridare allo scandalo come hanno dimostrato recenti fatti di cronaca di amministrazioni statali, regionali e locali.
  • Una giustizia civile e amministrativa tra le più lente del mondo non solo industrializzato che penalizza la certezza del diritto. Da notare, a questo proposito, che la Corte Europea che comprende 47 Paesi tra cui Turchia, Russia e Ucraina, ha composto una classifica in cui l’Italia, risulta all’ultimo posto della lista dei Paesi con un sistema giudiziario virtuoso 15.
  • Una insolvenza dei debiti contratti dalle Amministrazioni Pubbliche locali nei confronti di molte imprese di piccola e media entità, cosa che non è consentita alle stesse imprese né ai privati cittadini. Da notare che molte imprese entrate in difficoltà hanno dei crediti inevasi con l’Amministrazione Pubblica! Una delle riforme Monti entrata in vigore dal 1 Gennaio 2013 che recepisce una direttiva CEE, riguarda proprio questo punto. D’ora innanzi la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di pagare i propri creditori entro 30 giorni estendibili, in alcuni casi determinati, a 90 giorni .
  • Una burocrazia farraginosa e lenta che ostacola, di fatto, investimenti e occupazione 16.
  • Una previdenza, combinata con la tassazione vera e propria, che pesa in maniera sproporzionata sul costo del lavoro: l’Italia ha un numero maggiore di pensioni rispetto al numero dei lavoratori attivi. Un’anomalia macroscopica che tra l’altro ha come effetto il risultato che. Pur essendo il costo del lavoro in Italia tra i più elevati tra i Paesi industrializzati a seguito delle tasse e contributi previdenziali, le retribuzioni nette  per i lavoratori dipendenti sono tra le più basse degli stessi Paesi presi a confronto: un’assurdità che penalizza sia le imprese che i lavoratori e le loro famiglie 17.
  • Una  presenza mafiosa che, in diverse località regionali, controlla attività di servizi con impatti pesanti sulla corretta ed efficiente gestione delle amministrazioni locali. (vedi il problema dei rifiuti).

           Queste ed altre anomalie negative scoraggiano investitori esteri ad intraprendere nuove attività in Italia limitandosi ad acquisire aziende già affermate e spingono molte imprese italiane ad investire all’estero. Tutto questo aggrava la situazione occupazionale specie dei giovani. A questi ultimi va riservata una particolare attenzione. Molte delle difficoltà economiche per l’Italia non derivano soltanto dalla crisi attuale, ma sono il risultato di decenni di politiche che hanno elargito con generosità e concessioni a favore di gruppi di interesse, tra cui partiti e sindacati, che non si sono curati troppo del futuro, l’oggi odierno. Un egoismo generazionale che si è tradotto nell’enorme debito che l’Italia ha accumulato, ora al 125% del PNL. Ma quest’ultimo dato, pur grave nella sua entità, non è stato il più determinante per la caduta di credibilità dell’Italia, visto che lo Stato italiano ha sempre ottemperato  dal dopoguerra ad oggi ai propri debiti. Al deterioramento della propria credibilità hanno contribuito anche le vicende personali del già Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Attaccato e ridicolizzato costantemente dalle opposizioni interne anche per i suoi stravaganti comportamenti oltre che dalle sue vicende giudiziarie, Berlusconi è divenuto un personaggio da gossip tenuto sotto osservazione da pressoché tutta la stampa internazionale. Ogni sua mossa è stata riportata, non senza una punta di ironia, dai media di tutto il mondo. Ne è derivato un aggravio dell’immagine Italia che probabilmente gli oppositori politici italiani non ne avevano sufficientemente tenuto in debito conto. L’attacco mediatico alla persona del Presidente del Consiglio Berlusconi ha indubbiamente contribuito al deterioramento della serietà del sistema Italia giudicato a rischio di default ossia di bancarotta. Il governo tecnico di Monti la cui vigenza è durata all’incirca un anno, dal novembre 2011, ha in gran parte recuperato la credibilità perduta.  Tuttavia questo recupero di credibilità internazionale si è momentaneamente  interrotto, a seguito della caduta dello stesso  governo Monti e nell’attesa di vedere come il nuovo Governo intenderà procedere rispetto alle riforme strutturali intraprese dal precedente Governo Monti .

Il dubbio degli osservatori internazionali riguarda principalmente il comportamento dei politici italiani chiamati a guidare il Paese. Sapranno essi far prevalere il bene comune rispetto  ad una prassi passata caratterizzata da una cultura vincolata ad un atavico clientelismo tipicamente italico, per di più aggravato da un provincialismo prevalentemente  proiettato a sostenere interessi di parte e/o di corto respiro, a cui la politica italiana sia di destra che di sinistra ha fatto ampiamente ricorso, fatte salve alcune lodevoli  isolate eccezioni?  Oppure il nuovo Governo italiano, partendo dalle riforme avviate ma non ancora completate dal precedente Governo Monti, intenda proseguire  con determinazione per promuovere una  politica economica orientata al bene comune? La sfida è tutt’ora aperta.

Crisi-economica mappamondo cinghia

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