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luglio 31, 2019

La metro di Lima, dietro a questa missione in Perù c’è un disegno strategico dell’Italia.

Le aziende italiane stanno puntando su quei Paesi dell’America Latina che fanno parte dell’Alleanza del Pacifico (comprende anche America del Nord) che rappresentano il 60% dell’economia mondiale e non contemplano nessuno dei Paesi Brics (Brasile, Cina, India, Russia). Sono Paesi, aggiunge Calenda, che credono nelle libertà commerciali dove non vi è protezionismo e dove le imprese italiane possono tornare a svolgere un ruolo centrale dopo anni di disinteresse (Renzi è il primo presidente del Consiglio che arriva qui da decenni). Basta pensare del resto al ruolo di Enel Endesa che ha il suo quartier generale a Santiago del Cile, il più grande produttore e distributore di energia elettrica in questa parte di mondo.

Calenda insieme al premier Renzi hanno visitato ieri mattina i cantieri della metropolitana di Lima che il consorzio Salini Impregilo Ansaldo Sts Ansaldo Trasporti si è aggiudicato per 5,5 miliardi di euro. «La novità - precisa Calenda - è che questa dodicesima metropolitana senza conduttori è non solo costruita ma anche gestita dal consorzio italiano». Sembrano davvero un lontano ricordo polemiche e accuse a seguito delle indagini della magistratura italiana sulla malacooperazione con al centro un megaprogetto per la metropolitana di Lima più di di venticinque anni fa (ai tempi del presidente peruviano Garcia).

«Dopo quegli anni - aggiunge il sottosegretario agli Esteri Mario Giro l’Italia ha abbandonato l’America Latina, il nostro obiettivo è quello di aiutare le imprese a tornare qui e guadagnare quote di mercato come hanno fatto spagnoli e altri Paesi Ue». Qualcosa anche in Perù si sa muovendo. Oltre alla metropolitana l’Alenia ha già consegnato i primi quattro aerei da trasporto C27J all’esercito peruviano ed è pronta a consegnarne in futuro altri otto.

La Ergos ha chiuso il contratto per la fornitura di 150mila pannelli fotovoltaici e la Sicim ha firmato un contratto nel settore dell’impiantistica. Ma per rendere operativa la missione come ha suggerito Renzi, Licia Mattioli, alla guida del Comitato internazionalizzazione della Confindustria, ha già annunciato nuove missioni settoriali (a cominciare dalle macchine utensili) nel prossimo anno. Del resto negli incontri tra le imprese italiane e le autorità locali, da Silva Blanca Velarde-Alvarez, Ministro del Commercio Estero a Piero Ghezzi, ministro della Produzione ad Andreas Von Wedemeyer, Presidente Sociedad Nacional de Industria il focus della collaborazione è stato tutto per una maggiore cooperazione nel settore delle macchine utensili e delle infrastrutture.

luglio 30, 2019

Ammonta a 5,5 miliardi di euro l'import-export della Lombardia con l'America Latina.

E' quanto emerge da un'elaborazione dell'ufficio studi della Camera di commercio di Milano su dati Istat 2014 e 2013. Milano e provincia incidono del 44% sul totale regionale, con un interscambio del valore di quasi 2,5 miliardi. In Lombardia l'export regionale supera i 3,8 miliardi. La quasi totalità delle esportazioni interessa il settore delle attività manifatturiere (oltre il 99% sul totale).

Per quanto riguarda il tipo di prodotti e merci, la Lombardia esporta soprattutto rubinetti e valvole (154 milioni), macchinari (141 milioni), macchine per la lavorazione dei metalli (122 milioni) e delle materie plastiche (118 milioni circa). In aumento del 54% le esportazioni di prodotti dell'agricoltura e pesca.

Circa la metà delle esportazioni regionali partono da Milano (44,5%), per un giro d'affari di 1,7 miliardi. Un terzo delle esportazioni milanesi (33%) riguardano i macchinari e le apparecchiature (569 milioni), e un sesto le sostanze e i prodotti chimici (253 milioni). In aumento le esportazioni dei principali prodotti del manifatturiero: medicinali (+8% in un anno), prodotti chimici organici (+4,5%), macchinari per il sollevamento e la movimentazione (+42%), apparecchiature per il controllo dell'elettricità (+26%).

In arrivo a Milano venerdì 12 giugno una giornata internazionale dedicata all'America Latina e ai Caraibi (Celac), presso il Palazzo delle Stelline dalle ore 9. L'evento, ideato per inserirsi nell'ambito del progetto Enterprise Europe Network, è stato realizzato in collaborazione con la Camera di commercio di Milano attraverso le aziende speciali Promos per le attività internazionali e Innovhub Ssi, su incarico della direzione generale mercato interno, industria, imprenditoria e Pmi della Commissione Europea. Sono previsti incontri B2B gratuiti tra circa trecento aziende europee e latino-americane operanti nel settore dell'agro-industria (agricoltura, produzione di materie prime e di prodotto finito, macchinari, packaging, shelf life, logistica, controllo qualità, tracciabilità, sicurezza alimentare, tecnologie e innovazioni, etc.), e altri settori legati ai temi di Expo 2015 (energia, ambiente, sostenibilità, etc.). Un centinaio le aziende provenienti dall'America Latina, nello specifico da: Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Repubblica Domenicana, Ecuador, Messico, Paraguay, Perù, Trinidad & Tobago, Uruguay.

luglio 29, 2019

America Latina terra di conquista mineraria, miniere d’oro in Amazzonia.

La regione ha attratto il 25 per cento degli investimenti mondiali per l’estrazione mineraria non ferrosa.

E da qui al 2020, secondo quanto emerso dal convegno “15 anni di industrie estrattive in Perù e America Latina“ organizzato dalla ong CooperAcción

Gli investimenti minerari nel continente arriveranno a 320 miliardi di dollari, vale a dire venti volte di più di quanto investito negli ultimi dieci anni.

Il Perù è il primo Paese ad attrarre gli investimenti, seguito da Messico, Cile e Brasile.

Insieme all’aumento delle attività minerarie, c’è da aspettarsi un inasprimento della conflittualità sociale, perché là dove sorgono cave, pozzi e miniere, le popolazioni subiscono danni alla salute e all’ambiente in cui vivono. Secondo l’Osservatorio sui conflitti minerari in America Latina, nel continente sono 165 le lotte portate avanti dalle comunità locali per difendersi dall’inquinamento.

“Con l’aumento del prezzo delle materie prime - spiega Flaviano Bianchini, ambientalista trentenne e responsabile dell’organizzazione non governativa Source - molte imprese estrattive si sono spostate verso i paesi in via di sviluppo, per sfruttare nuovi giacimenti di metalli e petrolio e godere di enormi vantaggi, sia di tipo economico che tecnico, come la deregolamentazione sulle tematiche ambientali. Questo ha portato, in particolare in America Latina, a un aumento esponenziale della presenza di industrie estrattive”. Per esempio nel 2004, nella foresta amazzonica peruviana, le concessioni petrolifere erano 14, diventate 67 nel 2010; la percentuale di territorio in cui possono muoversi le multinazionali, secondo Source, è salita in sei anni dall’8 a oltre l’80.

Oppure in Guatemala ci sono più di 400 concessioni minerarie su terre abitate da popolazioni Maya.

Un caso esemplare di quanto può causare l’estrazione mineraria e l’attività industriale ad essa legata si trova a La Oroya, una cittadina andina situata nel centro del Perù, in una zona ricca di rame, zinco, argento e oro. Uno studio della Saint Louis University commissionato dal ministero della Salute peruviano ha dimostrato che lì l’estrazione mineraria e il lavoro di una fonderia attiva da novant’anni causano una presenza di metalli pesanti nel sangue della popolazione ben oltre i limiti tollerabili. Ad esempio il 98 per cento dei bambini tra i sei mesi e i dodici anni ha troppo piombo nelle vene, come il 70 per cento del resto della popolazione (l’area è abitata da 35mila persone).

Nel sud del Perù, al confine con il Cile, Source sta lavorando insieme alla comunità dei Toquepala, che lamenta carenza d’acqua e malattie provocate dall’inquinamento di quella disponibile, a causa dell’attività di un’impresa che lì estrae rame da trent’anni.

Anche i metalli preziosi non sono innocui. “Nelle comunità della Valle di Siria, vicine alla miniera d’oro di San Martín in Honduras - continua Bianchini - il 98 per cento della popolazione soffre di malattie della pelle e la mortalità infantile è 25 volte più alta della media nazionale”.

L’Africa è un altro continente in cui opera la ong Source e in cui l’estrazione mineraria è in continua espansione. Secondo quanto riportato dall’Environmental justice organisations, liabilities and trade, il 98 per cento dell’inquinamento atmosferico e l’86 per cento dei rifiuti dell’Africa intera sono causati da una sola nazione, principalmente per l’industria mineraria: il Sudafrica. Lo stesso Paese in cui lo scorso agosto 34 minatori sono stati uccisi dalla polizia durante una manifestazione in cui chiedevano aumenti salariali.

Estrazione mineraria e conflitti sociali sono un binomio che in Congo trova massima espressione, visto che la guerra civile nel nord è finanziata dall’estrazione del coltan, minerale fondamentale per prodotti tecnologici, come i telefoni cellulari. Il coltan esce dal Paese illegalmente e poi viene comprato dalle grandi aziende, e proprio per la poca trasparenza nel settore minerario, il mese scorso il Fondo monetario internazionale ha tolto al Congo i finanziamenti.

Per questo si vorrebbe creare insieme ad altre associazioni un network che faccia pressione sulle grandi aziende perché adottino una certificazione sulla provenienza del coltan.

In Senegal, su richiesta di alcune associazioni locali, Bianchini e colleghi stanno analizzando la legge mineraria in discussione al Parlamento per dare un parere tecnico (ad esempio su come trattare le rocce di scarto).

luglio 15, 2019

Pubbliche Relazioni un'industria immensa il cui scopo è controllare la mente del popolo.
Gli Stati Uniti sono stati i pionieri dell'industria delle pubbliche relazioni, il cui scopo, come sostenevano i capi, era "controllare la mente del popolo".

Impararono moltissimo dalla Commissione Creel, dalla creazione del "terrore rosso" e da quel che ne seguì.

L'industria delle pubbliche relazioni negli anni venti conobbe un'enorme espansione e per qualche tempo riuscì a indurre nel popolo una sottomissione pressoché totale al dominio degli affari.

Fu un fatto talmente clamoroso che i comitati del Congresso cominciarono a studiarlo nel decennio successivo; da questi studi proviene la maggior parte delle informazioni in nostro possesso.
Quella delle pubbliche relazioni è un'industria immensa, che attualmente può contare su un budget dell'ordine di un miliardo di dollari all'anno

Un miliardo di dollari all'anno per gestire le PR.


Quella delle pubbliche relazioni è un'industria immensa, che attualmente può contare su un budget dell'ordine di un miliardo di dollari all'anno. Il suo scopo è sempre stato quello di controllare l'opinione pubblica. Negli anni trenta si dovettero affrontare di nuovo problemi gravi, analoghi a quelli del periodo della Prima guerra mondiale.

Era l'epoca della grande depressione e i lavoratori stavano conducendo una dura lotta in difesa dei loro diritti. Nel 1935, con la Legge Wagner, ottennero la prima importante vittoria sul piano legislativo: il diritto di organizzarsi.


Questo poneva seri problemi. Innanzitutto, la democrazia era in pericolo: al gregge era stato riconosciuto un diritto, e questo non era previsto; il popolo che doveva restare diviso, segregato, isolato, in breve tempo avrebbe potuto organizzarsi e diventare qualcosa di diverso da un semplice spettatore.

Un ruolo attivo nella società.


Se molte persone dotate di risorse limitate riescono a unirsi e a entrare nell'arena politica, il popolo può assumere un ruolo attivo nella società, e questa è una minaccia terribile.

Il mondo degli affari reagì energicamente per far sì che quella fosse l'ultima vittoria dei lavoratori, l'inizio della fine della deviazione democratica rappresentata dall'organizzazione popolare. E così fu.

Da allora in poi (benché il numero degli iscritti ai sindacati per un breve periodo durante la Seconda guerra mondiale sia cresciuto), la capacità di azione attraverso i sindacati cominciò a diminuire costantemente a opera della comunità degli affari, che ancora oggi investe cifre enormi e mette a punto attente strategie per risolvere quel genere di problemi attraverso l'industria delle pubbliche relazioni e altre organizzazioni, come la National Association of Manufacturers (Associazione nazionale degli industriali) e la Business Roundtable, che all'epoca si misero immediatamente al lavoro per cercare il modo di contrastare le deviazioni democratiche.

La prima prova si ebbe nel 1937. I lavoratori delle acciaierie di Johnstown, nella Pennsylvania occidentale, avevano dato inizio a un importante sciopero. Il mondo degli affari sperimentò una nuova tecnica di distruzione dell'organizzazione operaia, che diede ottimi risultati: abbandonate le squadre di crumiri e di picchiatori, che comunque non sortivano grandi effetti, passò alle armi più sottili ed efficaci della propaganda.

Bisognava indurre il popolo a schierarsi contro gli scioperanti, presentando la loro lotta come un'attività distruttiva, dannosa per la società e nociva all'interesse comune, che riguarda "tutti noi", uomini d'affari, lavoratori, casalinghe; "noi vogliamo sentirci uniti, crediamo nell'armonia e nello spirito americano, mentre all'infuori di "noi" ci sono gli scioperanti, che causano distruzione e provocano incidenti, infrangono l'armonia sociale e violano lo spirito americano.
Leggi anche: Nel racconto distorto dei media la crisi europea è ormai finita e la ripresa una cosa fatta.
Per questi motivi devono essere fermati. Il dirigente d'azienda e il ragazzo che lava i pavimenti hanno gli stessi interessi: il messaggio, essenzialmente, era questo.

La fórmula della valle di Mohawk.


Per far sì che il popolo, inconsciamente, lo interiorizzasse, la comunità degli affari che controllava i media e disponeva di ingenti risorse compì uno sforzo enorme.

E il metodo si dimostrò molto efficace; in seguito fu chiamato "formula della valle di Mohawk" e venne applicato di frequente, diventando uno dei "metodi scientifici per far fallire gli scioperi", attraverso i quali si mobilita l'opinione pubblica in nome di principi insulsi e vuoti come lo spirito americano (chi può contestarlo?), l'armonia (chi può essere contrario?) oppure, come nel caso della guerra del Golfo, l'appoggio alle truppe (chi può rifiutarlo?).

Ma cosa significa, per esempio, la domanda: "Lei appoggia la popolazione dell'Iowa?". Si può rispondere: "Sì, la appoggio" oppure: "No, non la appoggio", ma il punto essenziale è che la domanda non ha alcun senso. Lo stesso vale per gli slogan della propaganda, del tipo "Appoggia le nostre truppe": non significano nulla.
creare uno slogan su cui nessuno dissenta per avere il consenso di tutti.

E come affermare di appoggiare la popolazione dell'Iowa. In realtà questa domanda ne sottende un'altra, che si può formulare così: "Lei appoggia la nostra politica?". Dunque la vera domanda è indiretta e questa è l'essenza della propaganda efficace: creare uno slogan su cui nessuno dissenta per avere il consenso di tutti.

Una propaganda efficace.


Nessuno può capire che cosa significa, perché non significa nulla; il suo valore essenziale consiste nel distogliere l'attenzione da questioni che, al contrario, sono di fondamentale importanza: "Lei appoggia la nostra politica?".

Ma di questo non è permesso parlare, mentre si esprime il proprio inevitabile appoggio ai soldati; e lo stesso vale per lo spirito americano e l'armonia. Restiamo uniti, assicuriamoci di non avere attorno gente cattiva che distrugge la nostra armonia con discorsi sulla lotta di classe, sui diritti dei lavoratori e via dicendo.

Il metodo è talmente efficace che funziona ancora oggi, perfezionato grazie a raffinati accorgimenti.

Quelli che lavorano nell'industria delle pubbliche relazioni hanno uno scopo preciso: cercano di inculcare al popolo i valori giusti e hanno una loro idea di come dev'essere la democrazia: un sistema in cui la classe specializzata è addestrata per lavorare al servizio dei padroni della società. Il resto della popolazione dovrebbe essere privato di qualsiasi forma di organizzazione, che è
esclusivamente fonte di guai.

L'unico valore che conta è possedere più beni.


Ciascuno deve restare da solo davanti alla televisione e assorbire il messaggio secondo cui l'unico valore che conta è possedere più beni e vivere come le ricche famiglie borghesi che appaiono sullo schermo, credendo nell'armonia e nello spirito americano.


Per la popolazione, l'unica realtà consentita è quella mostrata dai media; desiderare o credere che esista qualcosa di diverso è una follia. E poiché non è permessa alcuna forma di organizzazione (e questo è fondamentale) non c'è modo di confrontare le proprie idee con quelle degli altri.
Per la popolazione, l'unica realtà consentita è quella mostrata dai media.

Dietro a tutto questo c'è l'idea di democrazia cui ho accennato, la quale impone che il gregge smarrito guardi il campionato di calcio, le sitcom o i film violenti.
Leggi anche: L’appello di Wikipedia contro la direttiva sul copyright e per il diritto all’informazione.
Ogni tanto è opportuno fargli recitare qualche slogan (come "Appoggia le nostre truppe") o spaventarlo, evocando davanti ai suoi occhi un diavolo che minacci di distruggerlo; altrimenti potrebbe cominciare a pensare, e pensare non è di sua competenza.

luglio 14, 2019

Nel racconto distorto dei media la crisi europea è ormai finita e la ripresa una cosa fatta.
Nel racconto distorto dei media mainstream, la “crisi” in Europa è ormai finita, i paesi hanno agganciato la “ripresa” e le “riforme”, anche in Grecia, hanno funzionato.

La realtà e un’altra. La partecipazione alla zona euro ha prodotto per i paesi dell’Europa meridionale – ma questo difficilmente lo leggete sui giornali – una stagnazione-recessione permanente e una trappola debito-deflazione peggiore di quella registrata negli anni ’30.

Con un giovane su due che non lavora e con la necessità di reprimere i salari all’infinito per compensare i gap di competitività all’interno della trappola euro: l’Europa del sud è di fronte a un bivio storico.

Continuare su questa strada che conduce al suicidio, oppure, fare come in America Latina è stato fatto dopo la “larga noche neoliberal” dove i paesi del subcontinente americano languivano sotto il tallone di ferro dei regimi neoliberisti.
 La crisi in Europa non è finita e la ripresa è ancora lontana.


La crisi europea non è finita.


Quindi rompere la gabbia e creare una nuova alleanza basata sulla razionalità economica, la solidarietà, la cooperazione. L’Alba-Tcp (Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra America – Trattato di Commercio per i Popoli) è un progetto originale, una nuova forma di integrazione regionale completamente differente da quelle già conosciute e preesistenti.



Concepita come Alternativa Bolivariana per i Popoli di Nuestra America, l’alleanza si definisce come un’opzione latinoamericana che lotta per l’indipendenza e la sovranità dei popoli della regione.

Un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica.


Un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica promossa dal Venezuela e da Cubail 14 dicembre 2004 a cui aderiscono oggi anche Bolivia,Nicaragua, Ecuador, Saint Vincent e Grenadine, Antigua e Barbuda, Dominica – in alternativa al modello dominante delle aree di libero scambio figlie del processo di globalizzazione e dei principi neo-liberisti, alla base della crisi senza fine dell’Occidente.

In risposta alla brutale dissoluzione sofferta in più di un decennio diegemonia neoliberista – si legge nello Statuto – si impone il rafforzamento dello Stato sulla base della partecipazione del cittadino negli affari pubblici.

Un’unione tra Stati che conservano intatta la propria sovranità.


Le parole inserite nello statuto dell’Alba-Tcp evidenziano la volontà di creare un’unione tra Stati che conservano intatta la propria sovranità. Un’unione che sia strumento per raggiungere uno sviluppo giusto e sostenibile, la complementarità economica e la cooperazione tra i paesi partecipanti in luogo della competizione.

E’ lampante la differenza che intercorre tra l’alleanza latinoamericana e la fallimentare Unione europea basata sul liberismo sfrenato e la competizione, dove regole e moneta unica sono state congegnate al solo scopo di favorire il modello mercantilistico tedesco.

A pochi mesi dalla sua genesi, l’Alba bolivariana ha già iniziato a dare i suoi frutti. Il Venezuela, in cambio dell’export di petrolio e di materiali da costruzione verso Cuba, può attualmente beneficiare del lavoro di 20.000 dottori cubani, i quali hanno aperto cliniche mediche nei barrios e nelle comunità rurali che non hanno mai goduto dei servizi medici – i cosiddetti Centri Diagnostici Integrali, costantemente presi d’assalto dagli uomini dell’opposizione come accaduto durante le guarimbas – mentre grazie ai programmi di alfabetizzazione “milioni di venezuelani hanno imparato a leggere e a scrivere”.

Il tutto è stato finora realizzato con grande fluidità, senza passare attraverso l’intermediazione dei sistemi bancari internazionali e tralasciando gli interessi delle grandi compagnie. Ma l’isola caraibica non è l’unico partner affidabile per il Venezuela bolivariano.
Leggi anche: L’appello di Wikipedia contro la direttiva sul copyright e per il diritto all’informazione.
L’iniziativa di Chavez si è fatta largo anche nel Cono Sud, coinvolgendo i principali governi della regione nella costruzione di solidi legami di cooperazione, a cominciare dall’Argentina “che paga per gli 8 milioni di barili di greggio venezuelani importati, non in contanti o in valuta, bensì con i bovini, di cui abbonda”.
Mentre  glia USA volevano imporre l’Alca i paesi latinoamericani hanno saputo dire di no con un progetto di integrazione innovativo e vincente.

Mentre  George W. Bush voleva imporre l’Alca – un trattato di libero mercato che avrebbe annullato le sovranità e libertà dei singoli popoli per i profitti delle multinazionali – questi paesi hanno saputo dire di no con un progetto di integrazione innovativo e vincente per il benessere interno e la pace delle popolazioni.

Prendendo a riferimento il Venezuela la spesa sociale è più che raddoppiata: nel 1998 veniva investito l’11,3% del Pil, mentre attualmente la cifra supera il 23%. Oltre 20 milioni di persone hanno beneficiato delle cosiddette “Missioni Sociali“. Attualmente 2,1 milioni di persone ricevono una pensione di vecchiaia, mentre in epoca di regime neoliberista solo in 387mila ricevevano una pensione.

Nel Venezuela la spesa sociale è più che raddoppiata.


Altro ambito dove il Venezuela ha compiuto grandi passi avanti rispetto al passato è quello relativo alla salute pubblica. La missione “Barrio Adentro“, che garantisce assistenza primaria grazie a 8300 medici cubani e 7000 cliniche, ha permesso di salvare la vita a circa 1,4 milioni di persone. La mortalità infantile è stata drasticamente ridotta, mentre aumenta il numero di medici per abitanti: dai 18 ogni 10mila del 1998 agli attuali 58.

Quando oggi Trump vuole imporre il Ttip (l’Alca europeo) e quando il regime di Berlino, Bruxelles e Francoforte umilia quotidianamente la nostra libertà, democrazia e sovranità, bisogna ricordare quest’esperienza nel dibattito. Ci si deve interrogare sull’apologia del libero commercio e del libero mercato, come se solo questi bastassero per garantire automaticamente migliori livelli di crescita e di benessere collettivo.

Rafforzare l’integrazione latinoamericana.


Senza un chiaro intervento dello Stato diretto a ridurre le disuguaglianze tra i paesi, il libero commercio tra paesi diseguali non può condurre che al rafforzamento dei più forti a discapito dei più deboli. Rafforzare l’integrazione latinoamericana richiede un’agenda economica definita per gli Stati sovrani, al di fuori dell’influenza nefasta degli organismi internazionali.



L’Alba sostiene che “il commercio e gli investimenti non debbano essere fini a se stessi ma come strumenti per ottenere uno sviluppo giusto e sostenibile”.
Rafforzare l’integrazione latinoamericana richiede un’agenda economica definita per gli Stati sovrani, al di fuori dell’influenza nefasta degli organismi internazionali.
Tutti questi paesi dell’Alba sono oggi sotto attacco dalle forze neo-liberali con guerre economiche e golpe morbidi, dimostrando coma la via intrapresa sia quella giusta.

L’umiliazione della democrazia in Grecia e Portogallo.


Dopo l’umiliazione della democrazia in Grecia e Portogallo, è chiaro ormai a tutti gli osservatori che da questa trappola chiamata euro da soli è difficile uscire e che la lotta contro il tiranno di Bruxelles e Francoforte sarà  molto lunga e dura.
Leggi anche: In America Latina sempre più pendolari preferiscono la bicicletta come mezzo di trasporto.
Per affrontarla nel modo appropriato bisogna unire le forze in Europa del sud. Perché non guardare come modello a chi quelle catene le ha sapute spezzare nel nome della sovranità, autodeterminazione, pace e politiche sociali. Perché non guardare a chi invece del profitto, di parametri e stupidi vincoli d’austerità ha esportato solidarietà, medici e diritti sociali?

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