Il sistema economico e finanziario italiano nel 2013 sta dimostrando di essere al limite massimo della sopportazione per quanto riguarda la pressione fiscale.
Le crisi finanziario-economiche innescate dai mutui subprime americani e poi trasferitesi in Europa hanno messo in evidenza i limiti e la debolezza delle gestioni finanziarie e degli organi preposti al loro controllo. Pochi avevano previsto una crisi del genere. Nemmeno le tanto rinomate agenzie di rating, Moody’s, Standard & Poor’s, Fitch con la loro spropositata influenza - non sempre, tra l’altro, sopportata dai fatti-, né l’autorevole economista Alan Greenspan guida per lungo tempo, dal 1987 al 2006, della prestigiosa Federal Reserve
americana, ne hanno previsto i sintomi e sono stati colti di sorpresa. Ma ciò che preoccupa maggiormente è il prolungarsi della crisi oltre ogni previsione e i relativi pesanti effetti sulla vita di tante famiglie e delle comunità nazionali ed internazionali più in generale. Si può dire che questa è la prima vera crisi della globalizzazione moderna, certamente la più severa, e per certi versi addirittura più grave della stessa grande crisi del ‘29-‘30.
I Mass Media non si sono certo risparmiati nel descrivere la crisi non sempre però facendo chiarezza, anzi a volta incrementando una certa confusione, anche perché sono stati introdotti termini di difficile comprensione per di più di lingua inglese, poco conosciuti se non agli esperti finanziari, come hedge funds, stock options, subprime, credit crunch, junk bonds, , default, credit default swap, outsourcing, rating agencies, credit watch, benchmark e, ultimamente, il tanto menzionato Spread (per una semplice e breve descrizione di questi termini vedi in Appendice). E come spesso avviene, la difficoltà di essere chiari nasconde un problema più profondo legato alla incapacità di comprendere, per chi ne scrive o ne parla, i veri termini del problema e/o alla volontà di sviare l’attenzione dalle responsabilità oggettive dei poteri reali.
Tra gennaio e luglio del 2013 le entrate fiscali sono aumentate del 1,2%.
Ma sono davvero aumentate?
In realtà no, i dati delle entrate fiscali sono grezzi cioè non corretti per l’inflazione. Attualmente il tasso annuale di inflazione è proprio dell’ 1,2% dunque le entrate fiscali in termini reali hanno avuto una crescita pari a zero.
E le spese per interessi?
Come noto l’Italia continua ad aumentare lo stock del suo debito pubblico e con esso la spesa per interessi, nel 2013 lo stock del debito pubblico italiano aumenterà di circa il 4,5% e la spesa per interessi, di circa il 4%. In soldoni circa 4 miliardi di euro in più di spesa per interessi.
Le entrate fiscali se fosse confermata un crescita dell’1,2% invece cresceranno di 4,5 miliardi di euro.
Facendo la differenza, vediamo che la variazione delle entrate fiscali del 2013 andrà appena a coprire l’aumento della spesa per interessi che l’Italia sta affrontando nel 2013.
E’ del tutto evidente che la situazione è destinata a peggiorare di anno in anno se non si interverrà in maniera feroce sulla spesa pubblica e probabilmente di dovrà passare da una ristrutturazione del debito pubblico (con conseguenze poco piacevoli per i correntisti e i risparmiatori, ricordatevi che la vostra banca, se italiana, è il principale finanziatore dello Stato con i vostri soldi in conto corrente)
In sintesi:
Le crisi finanziario-economiche innescate dai mutui subprime americani e poi trasferitesi in Europa hanno messo in evidenza i limiti e la debolezza delle gestioni finanziarie e degli organi preposti al loro controllo. Pochi avevano previsto una crisi del genere. Nemmeno le tanto rinomate agenzie di rating, Moody’s, Standard & Poor’s, Fitch con la loro spropositata influenza - non sempre, tra l’altro, sopportata dai fatti-, né l’autorevole economista Alan Greenspan guida per lungo tempo, dal 1987 al 2006, della prestigiosa Federal Reserve
americana, ne hanno previsto i sintomi e sono stati colti di sorpresa. Ma ciò che preoccupa maggiormente è il prolungarsi della crisi oltre ogni previsione e i relativi pesanti effetti sulla vita di tante famiglie e delle comunità nazionali ed internazionali più in generale. Si può dire che questa è la prima vera crisi della globalizzazione moderna, certamente la più severa, e per certi versi addirittura più grave della stessa grande crisi del ‘29-‘30.
I Mass Media non si sono certo risparmiati nel descrivere la crisi non sempre però facendo chiarezza, anzi a volta incrementando una certa confusione, anche perché sono stati introdotti termini di difficile comprensione per di più di lingua inglese, poco conosciuti se non agli esperti finanziari, come hedge funds, stock options, subprime, credit crunch, junk bonds, , default, credit default swap, outsourcing, rating agencies, credit watch, benchmark e, ultimamente, il tanto menzionato Spread (per una semplice e breve descrizione di questi termini vedi in Appendice). E come spesso avviene, la difficoltà di essere chiari nasconde un problema più profondo legato alla incapacità di comprendere, per chi ne scrive o ne parla, i veri termini del problema e/o alla volontà di sviare l’attenzione dalle responsabilità oggettive dei poteri reali.
- Per quanto le tasse continuino ad aumentare lo Stato non riesce ad incrementare significativamente le proprie entrate
- Ogni nuovo amento della pressione fiscale produce ulteriori collassi nella base imponibile e l’aumento del mercato nero.
Tra gennaio e luglio del 2013 le entrate fiscali sono aumentate del 1,2%.
Ma sono davvero aumentate?
In realtà no, i dati delle entrate fiscali sono grezzi cioè non corretti per l’inflazione. Attualmente il tasso annuale di inflazione è proprio dell’ 1,2% dunque le entrate fiscali in termini reali hanno avuto una crescita pari a zero.
E le spese per interessi?
Come noto l’Italia continua ad aumentare lo stock del suo debito pubblico e con esso la spesa per interessi, nel 2013 lo stock del debito pubblico italiano aumenterà di circa il 4,5% e la spesa per interessi, di circa il 4%. In soldoni circa 4 miliardi di euro in più di spesa per interessi.
Le entrate fiscali se fosse confermata un crescita dell’1,2% invece cresceranno di 4,5 miliardi di euro.
Facendo la differenza, vediamo che la variazione delle entrate fiscali del 2013 andrà appena a coprire l’aumento della spesa per interessi che l’Italia sta affrontando nel 2013.
E’ del tutto evidente che la situazione è destinata a peggiorare di anno in anno se non si interverrà in maniera feroce sulla spesa pubblica e probabilmente di dovrà passare da una ristrutturazione del debito pubblico (con conseguenze poco piacevoli per i correntisti e i risparmiatori, ricordatevi che la vostra banca, se italiana, è il principale finanziatore dello Stato con i vostri soldi in conto corrente)
In sintesi:
- Se lo Stato aumenta le tasse, crolla l’economia e in breve periodo la base imponibile tanto da vanificare l’aumento della pressione fiscale.
- La spesa per interessi auto alimenta lo stock di debito e con esso ulteriore spesa per interessi. In qualche modo lo stock di debito italiano andrà abbattuto attraverso: pesanti patrimoniali, cessione di asset pubblici, ristrutturazione del debito. Probabile l’implementazione di tutte e 3 di queste linee politiche.
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