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giugno 30, 2009

NyTimes e Wikipedia: scatta la censura per salvare un reporter rapito

Per sette lunghi mesi il New York Times è riuscito a tenere bassa l'attenzione dei media sul caso di David Rohde, il reporter sequestrato in Pakistan dalle milizie talebane e rimasto in ostaggio fino allo scorso 20 giugno, quando è riuscito a fuggire insieme ad un collega.

SILENZIO STAMPA - Dietro questo silenzio-stampa non c'era nessuna volontà censoria, ma solo il tentativo di non far salire il "valore" di Rohde agli occhi dei rapitori e così riuscire a liberarlo senza troppi clamori.

E' per questo motivo che all'indomani del sequestro i dirigenti del Times hanno contattato i direttori di 35 grandi testate chiedendo di fare lo stesso. E così è stato: la notizia è rimasta sotto silenzio grazie alla tacita collaborazione di tutti. C'era però un problema di non poco conto: come dare poca visibilità all'evento anche su Wikipedia, dove a decidere la notiziabilità sono migliaia di utenti e non c'è nessun direttore da sensibilizzare? Chiunque avrebbe potuto inserire particolari sulla vicenda e così fare un favore involontario ai sequestratori.

E WIKIPEDIA? - Per quanto potesse sembrare una missione impossibile, il New York Times è però riuscito a "zittire" la celebre enciclopedia collaborativa.

Come racconta oggi il giornale in questo articolo-confessione (che rappresenta anche una lezione di trasparenza giornalistica), l'impresa è stata portata a termine grazie al coinvolgimento del fondatore Jimmy Wales e di alcuni amministratori.

Durante i sette mesi del sequestro, sono stati più volte cancellati gli aggiornamenti pubblicati da una serie di utenti anonimi. Il tutto non senza scatenare polemiche: i Wikipedians non potevano essere avvertiti delle nobili intenzioni che si nascondevano dietro questa "censura" e in molti hanno protestato promettendo guerra all'infinito.

Gli amministratori sono però riusciti a tenere duro, congelando in più occasioni la pagina. Fino a quando lo scorso 20 giugno David Rohde è stato liberato e si è potuto finalmente aggiornare la voce.

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A FIN DI BENE - Oltre ai ringraziamenti del NYTimes, sono arrivati anche quelli di Jimmy Wales, che ha confessato su Twitter: «Sono davvero orgoglioso dei Wikipedians che hanno reso tutto ciò possibile. Forse abbiamo dato una mano a salvare una vita». Tutto bene, quindi, se non fosse che il caso ora si presta a una duplice lettura. Da una parte rappresenta un bell’esempio di collaborazione tra vecchi e nuovi media. Dall’altra è anche una riprova di quante cose siano cambiate su Wikipedia: l’apertura e lo spirito democratico dei primi tempi ormai sono un po’ sbiaditi; nel frattempo è nata una piccola "oligarchia" di amministratori che controlla cosa può essere pubblicato e cosa va censurato. Ma come dimostra il caso Rohde, a volte questo controllo dall'alto può essere fatto anche a fin di bene.

Il Corriere della Sera, 30/06/2009

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