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ottobre 08, 2009

Finiscono all'estero i soldi per la ricerca

Bravi e ben formati, i ricercatori italiani, ma se ne vanno o se ne sono già andati: scelgono i laboratori e i centri di ricerca all'estero per portare avanti i loro studi. L'Italia non solo non argina la fuga dei cervelli, non riesce nemmeno ad attrarre scienziati da altre parti del mondo.


È la fotografia che ci consegna l'Erc, l'European Research Council, la cassaforte che finanzia idee e progetti scientifici provenienti da ogni parte del mondo che verranno realizzati in Europa: nello Starting Grant 2009 saranno distribuiti 325 milioni di euro.

Per i ricercatori italiani medaglie e spine. Siamo i più numerosi ad allungare la mano per cercare soldi, quasi una corsa all'oro: su 2.503 domande, quelle degli italiani sono 434 (nel 2007 erano state persino1600). "Segno che abbiamo fame" dice Claudio Bordignon, direttore del San Raffaele di Milano che con il direttore della Scuola Normale di Pisa, Salvatore Settis è nel consiglio scientifico dell'Ecr. Siamo anche primi nella classifica di chi li ottiene: 32, meglio di noi nessuno, al pari la Germania, a seguire la Francia. Un primato pure per le ricercatrici: le italiane sono quelle con più progetti approvati, 10 (la media delle quote rose in generale si assesta al 23%).


Le spine: dei 32 progetti italiani vincitori, ben 18 verranno realizzati oltre frontiera, soprattutto nel Regno Unito (8) e in Francia (4). Così precipitiamo al settimo posto nei Paesi che ospitano le ricerche più innovative. Sul podio sale il Regno Unito (43), la Francia (31) e la Germania (28). Perché? Carenza di laboratori, macchinari, centri di eccellenza? "In parte, ma il problema generale è la mancanza di prospettiva di carriera" spiega Settis. Il finanziamento dell'Ecr dura cinque anni: "è chiaro che un ricercatore si chiede: e dopo? Cosa potrò fare in quel posto, in quel Paese?".

Altro indizio preoccupante: nei Grant 2009 sono soltanto due i ricercatori stranieri (un fisico olandese a Padova e una oncologa romena a Milano) che hanno scelto l'Italia per realizzare i loro studi. "Che i nostri ricercatori vadano all'estero è un bene, semmai riflettiamo sul perché non rientrano e su perché da fuori nessuno venga da noi a fare ricerca" dice Bordignon. Oggi alla Normale ci sarà una giornata proprio dedicata all'analisi dei risultati dei bandi 2009: l'European Research Council distribuirà dal 2007 al 2013 qualcosa come 7,5 miliardi di euro attraverso una iper-selezione realizzata attraverso i giudizi di scienziati revisori che sono al top delle singole discipline: dalle scienze umane e sociali, a quelle della vita, dalla fisica e all'ingegneria. Un grande investimento, una sfida per cercare di spostare più in là la conoscenza, l'innovazione e lo sviluppo.


Nella lista dei vincitori c'è chi come, Licia Verde, a Barcellona indagherà sulle origini dell'universo, Leonardo Guidoni che dall'ateneo dell'Aquila e della Sapienza studierà i modelli per capire il funzionamento molecolare degli enzimi e promette di assumere due ricercatori italiani migrati oltre confine; c'è chi come Paolo Benigno della Luiss esplorerà cosa succede nelle economie quando ci sono delle rigidità salariali. I 237 progetti approvati, riceveranno fra i 500 e i 2 milioni di euro, somme elevate rispetto alla media dei normali finanziamenti nazionali.


"In Europa nessuno ha i concorsi accademici bloccati da quattro anni - spiega Settis -. L'hanno detto Obama, la Merkel, Sarkozy: in tempi di crisi bisogna investire sulla ricerca, non fermarla. Serve che al governo qualcuno lo capisca. E invece ci sono i fondi per il ponte sullo Stretto, i fondi per la Tav italiana anche se costa 4 volte rispetto a quella francese, ma non ci sono fondi per la ricerca. Deve scattare una scintilla nella mente di chi ci governa. Possiamo sperarci?".


La Repubblica, 08/10/2009


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