UK, se linkare non è reato
Un sito britannico è stato scagionato dalle accuse di violazione della legge sul copyright. Avrebbe fatto semplicemente da contenitore di link, anche se verso contenuti illeciti
Roma - C'è chi ha sottolineato come si tratti di una caso molto simile a quello che ha coinvolto il tracker musicale OiNK, sia nei capi d'accusa da parte dell'industria che nella risoluzione finale del caso stesso. Una corte britannica ha stabilito che la diffusione online di link a contenuti illegali non costituisce di fatto un'attività illecita, non violando in maniera diretta i principi a tutela del copyright.
Il sito TV-Links.co.uk non ha quindi facilitato in alcun modo la violazione del diritto d'autore a mezzo video, non certo inserendo sul suo spazio online una serie di collegamenti ipertestuali a piattaforme come YouTube, Veoh e DailyMotion. I responsabili del sito britannico - tra cui il suo creatore e proprietario David Rock - non sono quindi condannabili per frode e violazione delle leggi locali a tutela del copyright.
Per la verità, queste leggi non avevano mai condannato il sito. Come spiegato dallo stesso David Rock - arrestato dalla polizia britannica nel 2007 - non esiste alcun principio legale che preveda la violazione del copyright attraverso l'uso di link a contenuti ospitati su piattaforme terze. Infatti Rock aveva dichiarato di non aver mai tenuto nascosto il suo ID, non vedendo alcunchè di male in ciò che stava facendo.
Non della stessa opinione, i rappresentanti della Federation Against Copyright Theft (FACT) che avevano trascinato il sito in tribunale per concorso evidente di colpa. Un tribunale britannico ha ora scagionato Rock e TV-Links proprio per essere stati semplici e neutri traghettatori di indirizzi.
Roma - C'è chi ha sottolineato come si tratti di una caso molto simile a quello che ha coinvolto il tracker musicale OiNK, sia nei capi d'accusa da parte dell'industria che nella risoluzione finale del caso stesso. Una corte britannica ha stabilito che la diffusione online di link a contenuti illegali non costituisce di fatto un'attività illecita, non violando in maniera diretta i principi a tutela del copyright.
Il sito TV-Links.co.uk non ha quindi facilitato in alcun modo la violazione del diritto d'autore a mezzo video, non certo inserendo sul suo spazio online una serie di collegamenti ipertestuali a piattaforme come YouTube, Veoh e DailyMotion. I responsabili del sito britannico - tra cui il suo creatore e proprietario David Rock - non sono quindi condannabili per frode e violazione delle leggi locali a tutela del copyright.
Per la verità, queste leggi non avevano mai condannato il sito. Come spiegato dallo stesso David Rock - arrestato dalla polizia britannica nel 2007 - non esiste alcun principio legale che preveda la violazione del copyright attraverso l'uso di link a contenuti ospitati su piattaforme terze. Infatti Rock aveva dichiarato di non aver mai tenuto nascosto il suo ID, non vedendo alcunchè di male in ciò che stava facendo.
Non della stessa opinione, i rappresentanti della Federation Against Copyright Theft (FACT) che avevano trascinato il sito in tribunale per concorso evidente di colpa. Un tribunale britannico ha ora scagionato Rock e TV-Links proprio per essere stati semplici e neutri traghettatori di indirizzi.
fonte: Punto Informatico
Ritorna lo spettro della R-E-T-T-I-F-I-C-A.
Ci risiamo, purtroppo. Il prossimo 3 marzo scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti all’ormai famoso disegno di legge Alfano in materia di intercettazioni che, al suo comma 28 dell’art. 1 prevede l’obbligo di rettifica per tutti i “siti informatici”.
Il timore che la Rete possa essere “chiusa per rettifica” come scrivevo la scorsa estate, dunque, torna a farsi concreto.
In assenza di emendamenti, infatti, il testo del DDL intercettazioni, rischia di diventare legge nella sua attuale formulazione con la conseguenza di imporre all’intera blogosfera italiana ed a milioni di gestori di siti internet di vivere con la mano su mouse e tastiera per l’eventualità in cui qualcuno chieda la rettifica.
All’epoca, raccolte le voci e le richieste della Rete, l’Italia dei valori presentò un emendamento che escludeva dall’ambito di applicazione della disciplina in tema di obbligo di rettifica, i “siti informatici”.
Altri, nel PDL pronisero di presentare un ordine del giorno.
A questo punto si ricomincia tutto da capo: serve un emendamento e serve in fretta.
Il timore che la Rete possa essere “chiusa per rettifica” come scrivevo la scorsa estate, dunque, torna a farsi concreto.
In assenza di emendamenti, infatti, il testo del DDL intercettazioni, rischia di diventare legge nella sua attuale formulazione con la conseguenza di imporre all’intera blogosfera italiana ed a milioni di gestori di siti internet di vivere con la mano su mouse e tastiera per l’eventualità in cui qualcuno chieda la rettifica.
All’epoca, raccolte le voci e le richieste della Rete, l’Italia dei valori presentò un emendamento che escludeva dall’ambito di applicazione della disciplina in tema di obbligo di rettifica, i “siti informatici”.
Altri, nel PDL pronisero di presentare un ordine del giorno.
A questo punto si ricomincia tutto da capo: serve un emendamento e serve in fretta.
fonte: Guido Scorza
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