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giugno 03, 2009

A 20 anni del massacro di Piazza Tienanmen.

200 morti secondo la Croce Rossa Cinese: nei primi rapporti dal campo sulla repressione dei moti di Tienanmen la CRC parlò di 2600 morti, ma in seguito negò i numeri.

241 morti per il governo: per Pechini l'intervento dei soldati in Piazza Tienanmen provocò 241 morti e 7000 feriti tra studenti e militari.

800 morti per il New York Times: secondo il giornale statunitense i civili uccisi sarebbero tra i 600 e gli 800, uccisi anche 50 militari.

Vent'anni fa tra il 3 e il 4 giugno 1989, furono uccisi dai militari molti studenti cinesi (il numero preciso non è ancora conosciuto secondo i famigliari furono 194 anche se ogni anno questo numero aumenta) che da mesi manifestavano in piazza Tienanmen a Pechino.

Per ricordare il ventennale del massacro di Tienanmen ho ritenuto opportuno in primo luogo di riportare alcuni brani della lettera che circa 150 madri delle vittime hanno inviato alla seconda sessione dell'XI congresso nazionale del popolo e ai membri del comitato centrale dell'assemblea consultiva politica. La lettera è molto lunga e ho deciso pertanto di inserire nel post solamente le richieste che da anni le madri di Tienanmen rivolgono alle autorità cinesi fino ad ora senza successo.
Leggi anche:  La Via della Seta, quel filo sottile che legò l'Oriente all'Occidente.
Segue poi una breve biografia, ripresa da Wikipedia, dell'allora segretario del partito comunista cinese che si oppose al massacro, a testimonianza del fatto che sarebbe stato possibile evitare quelle morti. Forse una maggiore pressione dei governi dei Paesi occidentali e dell'Unione Sovietica (proprio in quei giorni era in visita a Pechino Gorbaciov) avrebbe impedito il massacro. Ma molto spesso nelle relazioni internazionali i diritti umani, il primo dei quali è il diritto alla vita, vengono del tutto trascurati perchè prima di tutto sono tutelati gli interessi economici e probabilmente venti anni or sono si verificò ancora una volta questa situazione.
"... Il proposito delle madri di Tian'anmen è questo: dire tutta la verità, risolvere la questione e non credere a nessuna bugia. Noi abbiamo chiesto subito un'inchiesta, abbiamo chiesto a chi di dovere di riesaminare l'accaduto, di tornare a verificare che nessuno dei 194 caduti noti sino ad oggi ha commesso alcuna violenza. Loro sono parte delle vittime innocenti massacrate in piazza, sono morti per la giustizia e noi, per loro, dobbiamo tornare a discutere di giustizia. Non ci fermeremo fino a quando non l'avremo ottenuta. Il nostro futuro, altrimenti, dovrà fare i conti con i fantasmi di quei morti. Dal 1995 ogni anno le vittime e i familiari delle vittime del massacro del 4 giugno scrivono all'assemblea del popolo proponendo tre punti per risolvere la questione del 4 giugno: -aprire un'inchiesta sugli incidenti del 4 giugno ovvero annunciare pubblicamente il numero delle vittime e compilare una lista con i nomi delle persone morte -fornire una spiegazione a ciascuno dei familiari e risarcirli secondo la legge -scrivere un rapporto sul massacro del 4 giugno e determinarne le responsabilità Tutto ciò si può sintetizzare in tre parole: verità, risarcimento e responsabilità. Noi abbiamo sempre aderito e continueremo ad aderire ai principi di pace e ragionevolezza. L'appello al Lianghui e alle autorità governative è uno strumento in accordo con i principi democratici e con le procedure istituzionali, è un modo per cercare di dialogare su una soluzione imparziale della questione del 4 giugno. Per analizzare, spiegare e risolvere l'impasse del 4 giugno e per proseguire su una via pacifica, noi nel 2006 abbiamo proposto, in base al principio fai prima ciò che è facile e poi ciò che è difficile, di rimandare ad un momento successivo le grosse controversie e i problemi su cui non è possibile trovare un accordo rapidamente. Prima di tutto chiediamo di: -cancellare le restrizioni personali e i controlli alle vittime e ai parenti delle vittime del 4 maggio -permettere ai parenti dei martiri di esprimere pubblicamente il dolore per i loro cari -non intercettare né confiscare più le donazioni e gli aiuti umanitari che vengono alla nostra associazione sia dal nostro Paese sia dall'estero e, quindi, restituire l'intero importo degli aiuti congelati -pretendere che il dipartimento del governo predisposto allo scopo, in conformità con l'etica di assistenzialismo, trovi lavoro e dia garanzie per uno stile di vita dignitoso alle vittime. -eliminare la nota politica di demerito ai disabili del 4 giugno. Bisogna inoltre riservare ad essi un'indennità sociale e pubblica e un trattamento senza discriminazione come avviene di norma per le altre persone diversamente abili..."
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