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dicembre 05, 2025

Pionieri dell'Unione Europea: scopri la storia di Ursula Hirschmann.

Pionieri dell'Unione Europea: scopri la storia di Ursula Hirschmann.

Nata a Berlino da una famiglia ebraica della classe media nel settembre del 1913, Ursula Hirschmann si unì all'organizzazione giovanile del Partito Socialdemocratico nel 1932 come forma di resistenza all'ascesa del nazismo. 

Dopo aver incontrato Eugenio Colorni, un giovane filosofo socialista italiano, Hirschmann lo sposò e divenne attiva nel movimento clandestino di opposizione antifascista in Italia, paese natale del marito.

Vita e contesto storico di Ursula Hirschmann.

Quando venne arrestato e imprigionato sull'isola di Ventotene, Hirschmann lo seguì.

Sull'isola incontrarono Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, che nel 1941 furono coautori del Manifesto di Ventotene "per un'Europa libera e unita". Considerato da molti il ​​punto di partenza del federalismo europeo, il manifesto fu ampiamente letto da coloro che si unirono alla Resistenza italiana per combattere i nazisti.

Una visione per l'Europa.

Il testo auspicava una rottura con il passato europeo al fine di creare un nuovo sistema politico attraverso una ristrutturazione politica e una radicale riforma sociale. Hirschmann lo portò segretamente nella penisola italiana e contribuì a diffonderlo.

Dopo aver lasciato Ventotene, Hirschmann arrivò a Milano e nel 1943 cofondò il Movimento Federalista Europeo. Quando Colorni fu assassinato dai fascisti, Hirschmann fuggì in Svizzera e partecipò all'organizzazione del primo congresso federalista internazionale, tenutosi a Parigi nel 1945.

Ma l'impegno politico di Hirschmann non terminò con la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1975 fondò a Bruxelles l'associazione Femmes pour l'Europe (Donne per l'Europa).

Copia del documento d'identità italiano di Ursula Hirschmann 

🌍 Origini e formazione.

  • Nascita: Berlino, 2 settembre 1913, in una famiglia ebrea borghese non praticante.

  • Famiglia: Primogenita di tre figli; il fratello Albert Otto Hirschman diventerà un noto economista.

  • Contesto storico: Cresce negli anni della Repubblica di Weimar, segnati da instabilità politica e dall’ascesa del nazismo.

✈️ Esilio e impegno politico.

  • Nel 1932 si iscrisse all’Università Humboldt di Berlino per studiare economia, ma già nel 1933 dovette fuggire in Francia a causa delle persecuzioni naziste.

  • In Francia entrò in contatto con ambienti antifascisti e socialisti.

  • Si unì all’organizzazione giovanile del Partito Socialdemocratico tedesco, opponendosi attivamente al nazismo.

🇮🇹 L’Italia e la Resistenza.

  • Conobbe e sposò il filosofo e socialista italiano Eugenio Colorni, trasferendosi in Italia.

  • Partecipò al movimento clandestino antifascista, rischiando la vita per diffondere idee di libertà e democrazia.

  • Quando Colorni fu arrestato e confinato a Ventotene, Ursula lo seguì. Qui entrò in contatto con Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.

📜 Il Manifesto di Ventotene.

  • Nel 1941 contribuì alla diffusione del Manifesto di Ventotene, scritto da Spinelli e Rossi, considerato il testo fondativo del federalismo europeo.

  • Ursula ebbe un ruolo cruciale nel portare clandestinamente il documento fuori dall’isola e nel diffonderlo tra gli antifascisti.

👩‍👧‍👦 Vita personale e impegno femminista.

  • Dopo l’uccisione di Colorni nel 1944, sposò Altiero Spinelli, con cui ebbe tre figlie.

  • Negli anni successivi si impegnò anche sul fronte femminista, fondando nel 1975 l’associazione Femmes pour l’Europe, per dare voce alle donne nel progetto europeo.

🕊️ Ultimi anni e eredità.

  • Visse tra Roma e Bruxelles, continuando a sostenere l’idea di un’Europa unita e democratica.

  • Morì a Roma l’8 gennaio 1991.

  • La sua figura è ricordata come pioniera dell’Unione Europea, simbolo di resistenza al fascismo e di impegno per la pace e l’integrazione.

📌 Sintesi storica.

La vita di Ursula Hirschmann si colloca nel cuore del Novecento europeo, tra dittature, guerre e ricostruzione. La sua esperienza personale — dall’esilio al confino, dalla Resistenza al federalismo — riflette le grandi sfide del secolo: lotta al totalitarismo, emancipazione femminile e costruzione di un’Europa unita.

 

novembre 29, 2025

Gli aspetti più inquietanti di una guerra nucleare: il fallout radioattivo.

guerra nucleare

Uno degli aspetti più inquietanti di una guerra nucleare non è solo l’esplosione iniziale, ma la ricaduta radioattiva (fallout) che può contaminare territori lontanissimi, rendendoli radioattivi.

In caso di guerra nucleare fino a che distanza riuscirà a spingersi il fallout radioattivo?

Il rischio di una guerra nucleare in Europa, sebbene abbastanza remoto, rappresenta una delle minacce più gravi per la sicurezza globale. 

Ultimamente, i vari teatri di guerra aperti nel mondo, hanno riportato l’attenzione sulle dottrine militari delle potenze nucleari, che contemplano l’uso di armi nucleari tattiche in risposta a minacce esistenziali.

Stiamo parlando sempre di simulazioni, eppure, anche se di tratta di scenari del tutto improbabili, nell’opinione pubblica dei Paesi europei lo spettro di una guerra nucleare è molto temuto.

A proposito di guerra nucleare ipotetica.

Uno degli aspetti più inquietanti di una guerra nucleare non è solo l’esplosione iniziale,.

Ma la ricaduta radioattiva (fallout) che può contaminare territori lontanissimi dai punti di detonazione per giorni, settimane o addirittura mesi.

Supponiamo un conflitto NATO-Russia che degeneri nell’uso di armi nucleari tattiche e strategiche, con circa 400–600 testate esplose sul continente europeo (un numero molto inferiore all’arsenale totale, ma già catastrofico). 

Le città bersaglio principali sarebbero basi militari, centri di comando e grandi aree urbane.

Attenzione al tipo di esplosioni.

Le esplosioni possono avvenire sia in quota, in libera atmosfera, che sul terreno. 

Nel caso di una gigantesca esplosione in quota avremmo meno fallout locale, ma più impulso elettromagnetico, in grado di interferire sulle comunicazioni, nodo nevralgico di un conflitto.

Guerra nucleare missili 

Entro le prime 24-48 ore, a poche decine di km dal punto zero avviene la ricaduta locale pesante, con particelle grandi (>100 μm) che ricadono entro 24–48 ore formando la classica “ellisse di fallout”.

Nel caso di esplosioni sul terreno, invece, il fallout diverrebbe imponente, sia su scala locale che regionale, poiché il fungo atomico aspira terra e detriti che vengono irradiati.

Il fallout pericoloso deriva principalmente dalle detonazioni a contatto col suolo.

Come si muove la ricaduta radioattiva?

Entro le prime 24-48 ore, a poche decine di km dal punto zero avviene la ricaduta locale pesante, con particelle grandi (>100 μm) che ricadono entro 24–48 ore formando la classica “ellisse di fallout” allungata nella direzione del vento prevalente negli strati più bassi della troposfera. 

Livelli letali (migliaia di Sievert) si riscontrerebbero entro 20–50 km sottovento.

Le particelle più piccole (0,1–50 μm) restano sospese nella troposfera (0–12 km) e vengono trasportate dai venti dominanti. È questa la fase che può colpire l’Europa intera.

Le esplosioni più potenti (>100 kt) iniettano materiale fino alla stratosfera (sopra 15–20 km). 

Qui i venti spingerebbero le particelle su lunghissime distanze e la ricaduta è globale ma molto diluita (come avvenne con i test degli anni ’50-’60).

La maggior minaccia per l’Europa deriva proprio dalla circolazione atmosferica.

Tuttavia, alle nostre latitudini i venti dominanti nella troposfera media sono prevalentemente da Ovest verso Est.

In pratica tra 40° e 60° N (tutta l’Europa) i venti soffiano in media da ovest verso est.

Soprattutto questo significa che la ricaduta radioattiva tende a spostarsi da ovest verso est e da sud-ovest verso nord-est, interessando praticamente gran parte del nostro continente.

Ma quanto lontano può arrivare il fallout pericoloso?

Secondo stime di simulazioni entro 500–800 km è ancora possibile ricevere dosi molto alte (decine–centinaia di mSv) se la particella è ricca di isotopi a vita media (Cesio-137, Stronzio-90).

A 800–2.000 km di distanza si potranno avere dosi acute minori, ma con contaminazione a lungo termine del suolo. 

Oltre i 2.000 km di distanza la contaminazione sarebbe leggera ma misurabile (come avvenne in Svezia dopo Chernobyl).

Guerra nucleare esplosione 

Secondo stime di simulazioni entro 500–800 km è ancora possibile ricevere dosi molto alte (decine–centinaia di mSv) se la particella è ricca di isotopi a vita media (Cesio-137, Stronzio-90).

In uno scenario di guerra nucleare europea, la direzione dominante dei venti farebbe sì che la maggior parte della ricaduta radioattiva si sposti da ovest verso est o sud-ovest verso nord-est.

Quali sarebbero le nazioni più esposte?

Le nazioni più esposte sarebbero quelle dell’Europa centro-orientale e nord-orientale: Polonia, Paesi Baltici, Finlandia, Svezia, Norvegia, Germania orientale e Repubblica Ceca.

I paesi più occidentali e meridionali, vedi il caso di Spagna, Portogallo, Italia meridionale, Grecia, avrebbero probabilità significativamente minori di ricevere fallout intenso, anche se nessuna area del continente può considerarsi veramente al sicuro in caso di centinaia di detonazioni.

 Il fattore decisivo non è solo la posizione geografica, ma la direzione del vento nei giorni immediatamente successivi agli attacchi. 

Basta una variazione di 30–40° nella traiettoria dei venti nella media troposfera per spostare di migliaia di chilometri l’area più colpita.

Chernobyl 

novembre 28, 2025

Pionieri dell'Unione Europea: scopri la storia di Simone Veil.
Pionieri dell'Unione: Simone Veil.

L'infanzia e le esperienze traumatiche di Simone Veil durante la Seconda guerra mondiale, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, gettarono le basi del suo impegno per un'Europa unita, una causa che avrebbe sostenuto per il resto della sua vita.

Eravamo convinti che se i vincitori del 1945 non avessero raggiunto una piena e rapida riconciliazione con la Germania, le ferite di un'Europa già divisa tra Est e Ovest non si sarebbero mai rimarginate e il mondo avrebbe nuovamente imboccato la strada verso un altro conflitto, ancora più devastante dei precedenti.

Simone Veil

Vita e contesto storico di Simone Veil.

La sua ascesa politica iniziò all'inizio degli studi di giurisprudenza. Nel 1974 entrò a far parte del governo francese, sotto la presidenza di Giscard d'Estaing, come Ministro della Salute.

Poco dopo la sua nomina, Veil si batté per la legalizzazione dell'aborto in Francia, un obiettivo che avrebbe raggiunto solo nel 1975, quando l'opposizione all'Assemblea Nazionale si unì a lei nell'approvazione della legge. 

Considerata una pietra miliare significativa, sarebbe passata alla storia come "la loi Veil" (legge Veil).

Una visione per l'Europa.

Quando nel 1979 il presidente Giscard d'Estaing gli chiese di guidare la lista del suo partito alle prime elezioni dirette del Parlamento europeo Veil non esitò.

Fu eletta al Parlamento, che la nominò Presidente. Veil guidò poi il primo Parlamento europeo eletto direttamente e divenne la prima donna a ricoprire la carica più alta in un'istituzione dell'UE. 

Due anni dopo, le fu conferito il Premio Carlo Magno  , che premia il contributo individuale all'unità europea.

Ultimi anni.

Le tombe di Jean Moulin e André Malraux a sinistra, degli sposi Veil in fondo, di René Cassin e di Jean Monnet a destra

Nel 2013, dopo il decesso del marito e della sorella, decise di ritirarsi dalla vita pubblica. 

Morì a Parigi il 30 giugno 2017 poco prima di compiere 90 anni. 

Diversi esponenti politici chiesero che fosse tumulata nel Pantheon, una sorta di cimitero laico delle grandi personalità francesi. 

Nel febbraio 2018 il presidente francese Emmanuel Macron annunciò che sia lei che il marito avrebbero riposato nel Pantheon dal 1º luglio 2018: si tratta della prima coppia di sposi e della quinta donna dopo circa 100 anni.

Fonte

novembre 24, 2025

L'immigrazione in Italia: il problema e le dimensioni umanitarie.
Immigrazione

Il problema dell'immigrazione in Italia è un fenomeno complesso con dimensioni umanitarie, sociali, economiche e politiche.

 L'Italia è un punto di ingresso chiave per migranti e rifugiati in Europa, il che crea sfide nella gestione dei flussi, nell'integrazione e nell'impatto sui servizi pubblici, sebbene gli immigrati contribuiscano in modo significativo anche all'economia del Paese.

Principali sfide dell'immigrazione italiana.

Le migrazioni, che possono definirsi quali spostamenti dell’uomo da un territorio ad un altro per fini di sussistenza o sopravvivenza, rappresentano un lemma antico della storia dell’uomo, la cui eco è rintracciabile già nel Vecchio Testamento.

 Esse hanno avuto carattere volta a volta temporaneo (se non stagionale) o permanente, periodico o irregolare, internazionale o entro i confini nazionali, proletario o colonizzatore, limitato o di massa. 

Dal tempo di Cristo in poi sono dipese il più spesso da guerre e persecuzioni. 

Più di recente, hanno assunto carattere prevalentemente economico, data la spinta alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro avvertita in modo crescente da larghe frange della popolazione mondiale, venendo a svolgere una funzione equilibratrice nel rapporto tra la densità delle popolazioni e le risorse economiche delle regioni di incidenza.

Gestione dei flussi irregolari.

Ll'Italia si trova ad affrontare una sfida costante con l'arrivo di migranti irregolari attraverso il Mar Mediterraneo, principalmente provenienti da paesi nordafricani e da zone di conflitto in Medio Oriente. L'isola di Lampedusa è spesso il primo punto di arrivo, il che ha messo a dura prova la capacità di accoglienza e le risorse di soccorso.

Percezione pubblica e tensione sociale.

Immigrazione 

Tuttavia vi è una diffusa preoccupazione tra la popolazione italiana per l'impatto dell'immigrazione sui servizi pubblici e sulla qualità della vita, che ha generato intensi dibattiti politici e, in alcuni casi, ostilità nazionalista.

Integrazione e mercato del lavoro.

L'effettiva integrazione degli immigrati nella società e nel mercato del lavoro rimane una sfida. Sebbene gli immigrati generino circa il 9% della ricchezza del Paese e ricoprano i posti di lavoro necessari, spesso incontrano difficoltà a trovare un impiego formale o possono competere con lavoratori autoctoni poco qualificati, il che può deprimere i salari in alcuni settori.

Politiche e legislazione in evoluzione.

Il governo italiano ha implementato diverse misure, dagli sforzi per ridurre gli arrivi illegali e aumentare i rimpatri alle riforme volte ad attrarre lavoratori regolari per affrontare la carenza di manodopera in una popolazione che invecchia. 

Queste politiche sono spesso oggetto di dibattito e critiche da parte di organizzazioni per i diritti umani e attori politici.

Contesto economico e demografico.

Paradossalmente, mentre si dibattono le sfide dell'immigrazione, l'Italia si trova ad affrontare un invecchiamento della popolazione e un'elevata emigrazione di giovani italiani, il che crea un bisogno critico di manodopera per sostenere l'economia e i servizi pubblici.

 In risposta, il governo ha approvato riforme sull'immigrazione, come il Decreto Immigrazione 2026-2028, che autorizza un numero significativo di permessi di lavoro per cittadini extracomunitari. In sintesi, il "problema" dell'immigrazione in Italia è multiforme e comporta sia sfide umanitarie e sociali immediate, sia opportunità economiche a lungo termine che il Paese deve cogliere per affrontare i propri squilibri demografici e lavorativi.

Il fenomeno immigratorio in netta espansione. 

Chiari sono i sintomi che lasciano presagire il fenomeno immigratorio in netta espansione. 

È assai probabile che nel corso del secolo in cui viviamo la questione demografica che coinvolge l’Italia e gran parte dell’Europa, conseguente al differenziale tra il tasso di crescita delle popolazioni dei Paesi confinanti e quello delle popolazioni dell’Unione Europea, soprattutto di quelle che si affacciano sul Mediterraneo, e la prevedibile richiesta crescente di lavoratori per sostenere lo sviluppo economico europeo, avranno come conseguenza il verificarsi di continui esodi verso il vecchio continente, con effetti affatto esiziali sullo sviluppo delle comunità urbane, sociali ed economiche. 

Il flusso migratorio diverrà verosimilmente anche più intenso quando i migranti dalle aree a maggiore pressione demografica (tra le quali l’Africa Sub-Sahariana) potranno disporre di maggiori mezzi per spostarsi e sottrarsi così all’attuale stato di disperazione.

La soluzione? Non si può evitare un fenomeno così imponente, né si deve averne timore. Occorre invece governarlo, il che rende centrale la questione del diritto, cioè delle regole che debbono presiedere all’ingresso, alla stabilizzazione, alla sanzione di diritti e doveri degli immigrati.  

novembre 21, 2025

Pionieri dell'Unione Europea: scopri la storia di Sicco Mansholt.
Sicco Mansholt pionero UE

Membro della Resistenza olandese durante la Seconda Guerra Mondiale, Sicco Mansholt fu testimone degli orrori della carestia che afflisse il suo Paese alla fine del conflitto. 

Dopo la liberazione dei Paesi Bassi, si impegnò a lavorare instancabilmente per impedire che la guerra e la miseria tornassero in Europa.

L'organizzazione del mercato dovrebbe essere vista come un modo per raggiungere l'obiettivo finale di un mercato unico.

Sicco Mansholt

Vita e contesto storico  di Sicco Mansholt.

Mansholt crebbe in una fattoria e, dopo la guerra, fece tesoro delle sue esperienze per ricoprire la carica di Ministro dell'Agricoltura nel governo olandese. 

Di fronte alla crisi che un'estrema scarsità di cibo avrebbe potuto causare, Mansholt adottò diverse misure per ripristinare rapidamente le scorte alimentari. 

Stabilì prezzi minimi per i prodotti agricoli chiave, nonché dazi all'importazione e sussidi all'esportazione.

 Credeva che l'Europa dovesse essere autosufficiente e che a tutti i cittadini dovesse essere garantito un approvvigionamento alimentare a prezzi accessibili.

Una visione per l'Europa.

Mansholt era un convinto federalista europeo e sognava una politica agricola comune per l'Europa. Nel 1950, sviluppò un piano per la creazione di un mercato comune per i prodotti agricoli in Europa, regolato da una struttura sovranazionale.

Sebbene all'epoca non avesse avuto successo, fu in seguito ripreso e servì da ispirazione per la politica agricola della Comunità Economica Europea. 

Nel 1958, Mansholt ebbe finalmente l'opportunità di mettere in pratica il suo piano per una politica comune, diventando Commissario per l'Agricoltura nella prima Commissione europea della storia.

Carriera Politica e Contributi Principali.

  • Ministro dell'Agricoltura olandese (1945-1958): Dopo aver assistito agli orrori della carestia invernale alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Mansholt divenne un membro attivo della resistenza olandese e, subito dopo la guerra, si dedicò a ripristinare le forniture alimentari del Paese.
  • Commissario Europeo per l'Agricoltura (1958-1972): In questa veste, ha promosso politiche volte a garantire l'autosufficienza alimentare dell'Europa e a modernizzare l'agricoltura attraverso l'aumento della produttività, il consolidamento delle aziende agricole e la garanzia di prezzi minimi per i prodotti.
  • Presidente della Commissione Europea (1972-1973): Durante il suo breve mandato, fu fortemente influenzato dal rapporto del Club di Roma sui limiti della crescita, che lo portò a sostenere riforme radicali per l'agricoltura, concentrandosi sulla sostenibilità e sulla protezione ambientale, allontanandosi dal suo precedente focus sulla crescita a tutti i costi.
  • "Piano Mansholt": Il suo piano del 1968 per la riforma dell'agricoltura europea propose misure di vasta portata per affrontare il problema delle eccedenze agricole (le cosiddette "montagne di burro") e per migliorare le strutture agricole. 

 Sicco Mansholt agricoltore


novembre 14, 2025

Pionieri dell'Unione Europea: scopri la storia di Robert Schuman.
Pionieri dell'Unione Europea: Robert Schuman.


Robert Schuman partecipò alla Resistenza francese durante la Seconda Guerra Mondiale e fu in seguito catturato e imprigionato dai nazisti. Prima della guerra, era stato attivo in politica come membro del Parlamento francese. 

Dopo la guerra, ricoprì una serie di incarichi di alto livello in Francia, arrivando a redigere la Dichiarazione Schuman per unire l'Europa e prevenire guerre future.

"L'Europa non si costruirà tutta in una volta o come un progetto globale: si costruirà attraverso realizzazioni concrete che creino innanzitutto una solidarietà di fatto."

Robert Schuman

Vita e contesto storico di Robert Schuman.

Tedesco nato in Lussemburgo, Schuman acquisì la cittadinanza francese quando, nel 1919, la Francia riconquistò la regione dell'Alsazia-Lorena, dove viveva. Durante la Seconda Guerra Mondiale, de Gaulle, il leader francese in esilio, lo invitò a Londra per unirsi al suo governo.

Dopo la guerra, tornò alla politica nazionale, ricoprendo diverse posizioni di alto livello e fungendo da negoziatore chiave di importanti trattati e iniziative, come il Consiglio d'Europa, il Piano Marshall e la NATO, sempre con l'obiettivo di rafforzare la cooperazione all'interno dell'Alleanza occidentale e di unire l'Europa.

Una visione per l'Europa.

Robert-Schuman 

In collaborazione con Jean Monnet, sviluppò il Piano Schuman, riconosciuto a livello internazionale, pubblicato il 9 maggio 1950, data oggi considerata la nascita dell'Unione Europea e celebrata ogni anno come Festa dell'Europa .

 Nel suo discorso di accompagnamento, propose il controllo congiunto della produzione di carbone e acciaio, le materie prime più importanti per l'industria bellica. L'idea di fondo era che senza il pieno controllo della produzione di carbone e acciaio, non si potesse condurre una guerra.

Robert Schuman presenta la sua dichiarazione il 9 maggio 1950 a Parigi

Contributo all'UE

  • Dichiarazione Schuman: In qualità di Ministro degli Esteri francese, Schuman propose di porre l'intera produzione franco-tedesca di carbone e acciaio sotto un'unica Alta Autorità comune. L'idea era che, rendendo interdipendenti le risorse belliche fondamentali, una guerra tra le nazioni europee diventasse "materialmente impossibile".    
  • Nascita della CECA: Questa proposta portò alla firma del Trattato di Parigi nel 1951, che istituì la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA), di cui fecero parte sei Stati fondatori (Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo).    
  • Fondamento dell'integrazione: La CECA fu il primo passo concreto verso l'integrazione europea e il precursore di tutte le successive istituzioni, inclusa l'attuale Unione europea.    
  • Festa dell'Europa: In riconoscimento dell'importanza della sua dichiarazione, il 9 maggio si celebra ogni anno la "Giornata dell'Europa".    
  • Primo Presidente: Schuman fu anche il primo presidente dell'organo che precedette l'attuale Parlamento europeo, ricoprendo la carica dal 1958. 


In sintesi, la visione di Robert Schuman ha fornito il metodo, basato sulla solidarietà di fatto attraverso "realizzazioni concrete", che ha guidato l'intero processo di costruzione europea volto a garantire la pace nel continente.  

Fonte

novembre 10, 2025

La strategia per sconfiggere le assurde inibizioni: il falso storico.
Il controllo dei media e la rappresentazione come realtà

È necessario inoltre falsare radicalmente la storia. 

È un'altra strategia per sconfiggere le assurde inibizioni: far apparire le cose in modo tale che, quando gli Stati Uniti attaccano e distruggono un paese, sia chiaro che lo stanno proteggendo da mostruosi aggressori.

Il controllo dei media e la rappresentazione come realtà.

Fin dalla guerra del Vietnam lo sforzo per ricostruire la storia è stato enorme. 

Troppa gente allora cominciava a capire com'erano andate veramente le cose, tra cui moltissimi soldati e giovani impegnati nel movimento pacifista e in organizzazioni analoghe. 

Una pessima cosa: era necessario risanare quei pensieri malati, trasformarli in consenso e indurre il popolo al riconoscimento che tutto quel che facciamo noi americani è nobile e giusto. 

Se bombardiamo il Vietnam del Sud è perché lo stiamo difendendo da qualcuno, evidentemente dai sudvietnamiti, visto che lì ci sono solo loro. 

È quella che gli intellettuali kennedyani, tra cui Adlai Stevenson, chiamarono difesa contro "l'aggressione interna": era necessaria una definizione ufficiale che fosse comprensibile, e questa funzionò perfettamente. 

Quando i media sono sotto controllo, il sistema scolastico e il mondo della cultura sono allineati, il consenso è assicurato.

L'università del Massachusetts ha condotto uno studio interessante sugli atteggiamenti nei riguardi della crisi del Golfo, allora in corso: l'intento era di conoscere la disposizione mentale con cui le persone guardavano la televisione. 

Studio sulle vittime vietnamite durante la guerra del Vietnam.

Una delle domande era: "Quante vittime vietnamite ci sono state secondo voi durante la guerra del Vietnam?". 

La risposta media del cittadino statunitense è stata: circa centomila. 

La stima ufficiale è di quasi due milioni, mentre la cifra reale si aggira probabilmente attorno ai tre o quattro milioni. 

Gli autori della ricerca proposero poi un'altra domanda: "Cosa pensereste della cultura politica tedesca se, domandando ai tedeschi di oggi quanti ebrei siano morti nell'Olocausto, rispondessero: circa trecentomila?

 Cosa ci rivelerebbe questa risposta sulla cultura politica tedesca?" La domanda è rimasta in sospeso, ma noi possiamo riprenderla. 

Cosa ci dice della cultura di noi americani?

 Che è necessario vincere le malsane inibizioni sull'uso della forza militare e le altre idee che esprimono dissenso. 

Nel caso della guerra del Golfo ha funzionato, e lo stesso si può dire per qualsiasi altra questione (il Medio Oriente, il terrorismo internazionale, l'America Centrale): l'immagine del mondo che viene presentata al popolo ha solo una remotissima relazione con la realtà. 

La verità resta sepolta sotto un enorme castello di bugie. Per scongiurare la minaccia della democrazia, in condizioni di libertà, si è dimostrata una strategia molto efficace; a differenza di quanto avviene negli stati totalitari, in cui si ricorre alla forza, questi risultati sono ottenuti in condizioni di libertà. 

Se vogliamo capire la società in cui viviamo, dobbiamo riflettere su questi fatti.

novembre 07, 2025

Pionieri dell'Unione Europea: scopri la storia di Paul-Henri Spaak.
Pioneri UE: Paul Henry Spaak

Prigioniero di guerra in Germania durante la Prima Guerra Mondiale e Ministro degli Esteri belga in esilio durante la Seconda Guerra Mondiale, Paul-Henri Spaak fu un altro dei grandi pionieri dell'UE.

Testimone degli orrori del secolo più sanguinoso d'Europa. 

Sebbene gran parte dell'Europa fosse stata lasciata in rovina dopo la Seconda Guerra Mondiale, Spaak vide l'opportunità di ripristinare la forza e la pace nel continente attraverso la cooperazione economica e politica.

Personalmente, sono un fermo difensore della cooperazione economica.

Paul-Henri Spaak

Vita e contesto storico di Paul-Henri Spaak.

Durante il suo esilio a Londra durante la guerra, in collaborazione con i suoi omologhi nei Paesi Bassi e in Lussemburgo, elaborò i piani per un nuovo ed estremamente ambizioso progetto: un'unione doganale tra Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.

Nel 1944, il piano si concretizzò e nacque il Benelux. All'interno dei confini dei tre paesi, sarebbe stata garantita la libera circolazione di capitali, persone e merci, ispirando l'ulteriore integrazione europea.

Una visione per l'Europa.

Per Spaak, unire i paesi attraverso trattati vincolanti era il modo più efficace per garantire pace e stabilità. Contribuì al raggiungimento di questi obiettivi in ​​qualità di Presidente della prima sessione plenaria delle Nazioni Unite (1946) e Segretario Generale della NATO (1957-1961). 

Spaak fu tra i redattori del Trattato di Roma. Alla Conferenza di Messina (1955), i sei governi partecipanti lo nominarono Presidente del Comitato di Lavoro incaricato della sua redazion 

🌍 Contributi Principali all'Integrazione Europea

Il contributo più duraturo di Spaak riguarda la sua incessante promozione dell'integrazione europea, basata sull'idea che solo la cooperazione economica e politica potesse garantire pace e stabilità:

  • Ideatore del Benelux: Già durante l'esilio a Londra, promosse la creazione di un'unione doganale tra Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo (il Benelux), il cui trattato fu firmato nel 1944. Questo esperimento di unione economica fu un precursore fondamentale della futura Comunità Economica Europea (CEE).

  • Rilancio di Messina e Rapporto Spaak: Dopo il fallimento della Comunità Europea di Difesa (CED), nel 1955 presiedette la Conferenza di Messina, che decise di rilanciare il processo di integrazione. Fu nominato presidente del comitato intergovernativo incaricato di elaborare un progetto per un mercato comune.

  • Architetto dei Trattati di Roma: Il lavoro del comitato si concretizzò nel famoso "Rapporto Spaak" (1956), che costituì la base essenziale per i negoziati che portarono alla firma dei Trattati di Roma (1957), istituendo la Comunità Economica Europea (CEE) e l'Euratom.

  • Convinto Federalista: Sostenne con forza il concetto di sovranazionalità e l'indipendenza della Commissione europea, affermando: "L'Europa di domani deve essere un'Europa sovranazionale

🌐 Ruoli Internazionali di Rilievo

Oltre al suo impegno europeista, Spaak ricoprì cariche di massimo livello nel quadro della cooperazione internazionale:

  • Presidente dell'Assemblea Generale dell'ONU: Nel 1946, fu eletto primo Presidente dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU).

  • Segretario Generale della NATO: Dal 1957 al 1961 fu il Segretario Generale dell'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO). In questo ruolo, rafforzò il ruolo politico dell'Alleanza Atlantica.

  • Presidente del Consiglio d'Europa: Fu anche presidente dell'Assemblea Consultiva del Consiglio d'Europa (1949-1951), incarico che poi lasciò per insoddisfazione verso l'approccio puramente intergovernativo dell'istituzione, preferendo la via federalista della CEE.

Paul-Henri Spaak si ritirò dalla politica nel 1966. L'edificio principale del Parlamento europeo a Bruxelles è oggi intitolato a lui.

 

ottobre 31, 2025

Pionieri dell'Unione Europea: scopri la storia di Nilde Iotti.

Dopo aver combattuto nella Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale, Leonilde "Nilde" Iotti divenne una figura di spicco del Partito Comunista Italiano (PCI), dove si batté per i diritti delle donne. Impegnata nell'idea di un'Europa giusta ed egualitaria, era determinata a estendere la sua lotta per il suffragio universale alla scena europea.

 Dobbiamo rendere più umani gli orari di lavoro, gli orari cittadini e i ritmi di vita. 

Dobbiamo integrare l'esperienza della vita quotidiana nella politica, nelle piccole cose dell'esistenza, costringendo tutti – politici, ministri, economisti, amministratori locali – ad accettare una volta per tutte la vita unica delle donne.

 Nilde Iotti 

Vita e contesto storico di  Nilde Iotti.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, Nilde Iotti divenne una figura di spicco del Partito Comunista Italiano (PCI) e una leader dell'Unione delle Donne Italiane, che era dominata dal partito. Nel 1945, quando le donne ottennero il pieno suffragio, Iotti godette di un notevole sostegno tra le elettrici e nel 1946 fu eletta all'Assemblea Costituente, dove fu responsabile della stesura della sezione sulle politiche familiari nella nuova Costituzione repubblicana.

Iotti ha lottato instancabilmente per i diritti delle donne durante tutta la sua carriera politica, sostenendo e conducendo con successo campagne per l'introduzione delle leggi sul divorzio e sull'aborto in Italia, entrambe priorità assolute per il movimento femminista.

Una visione per l'Europa.

Iotti divenne membro del Parlamento europeo nel 1969 e la sua priorità durante il mandato fu quella di promuovere elezioni aperte al Parlamento europeo, in cui i cittadini europei eleggessero direttamente i propri rappresentanti. Credeva che ciò avrebbe conferito all'istituzione un mandato incrollabile, insieme alla credibilità necessaria per agire a nome dei cittadini.

Iotti e i suoi compagni di partito videro i loro sforzi ricompensati nel 1979, quando si tennero le prime elezioni dirette del Parlamento europeo. Poco dopo, l'eurodeputata concluse il suo mandato decennale in Parlamento, periodo durante il quale fece anche parte della Commissione Affari Esteri del Parlamento. Nel 1997 fu eletta Vicepresidente del Consiglio d'Europa, un'organizzazione per i diritti umani che conta 47 Stati membri.

Pioneri Unione Europea: Nilde Iotti 

La carriera politica di Nilde Iotti è stata una delle più lunghe e significative nella storia della Repubblica Italiana, caratterizzata da un impegno costante per l'attuazione dei principi costituzionali, l'emancipazione femminile e le riforme legislative.

🏛️ Inizi e Assemblea Costituente

  • Resistenza e Militanza: Partecipò attivamente alla Resistenza, in particolare nell'organizzazione dei Gruppi di Difesa della Donna (GDD), fornendo assistenza e supporto ai partigiani e diffondendo materiale antifascista. Dopo la Liberazione, militò nell'UDI (Unione Donne Italiane).

  • Costituente (1946-1948): Fu eletta deputata all'Assemblea Costituente (nelle file del Partito Comunista Italiano - PCI) e fece parte della Commissione per la Costituzione (nota come "Commissione dei 75").

✍️ Contributi alla Costituzione Italiana

Il suo contributo fu cruciale per l'inclusione e l'affermazione dei diritti di uguaglianza, in particolare quelli delle donne. Tra gli articoli ai quali contribuì maggiormente ci sono:

  • Art. 3: Sostenne con forza il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, senza distinzione di sesso.

  • Art. 29: Riconosce l'uguaglianza giuridica dei coniugi nel matrimonio (proponendo l'idea di matrimonio come "unione liberamente consentita di due persone giuridicamente uguali").

  • Art. 31: Si batté per la protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù.

  • Art. 37: Tutela del lavoro della donna e dei minori.

  • Art. 51: Garantisce l'accesso a tutti i cittadini, dell'uno o dell'altro sesso, agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza.

🌹 Battaglie Legislative e Riforme

Nel corso della sua attività parlamentare, che durò oltre cinquant'anni (eletta alla Camera dal 1948), promosse importanti riforme legislative per i diritti civili e l'attuazione dei principi costituzionali:

  • Divorzio (1974): Partecipò attivamente alla battaglia referendaria in difesa della legge sul divorzio.

  • Diritto di Famiglia (1975): Promosse la riforma del diritto di famiglia, che sancì l'uguaglianza tra i coniugi.

  • Aborto (1978): Contribuì all'approvazione della legge sull'aborto (Legge 194/1978)

👑 Prima Donna Presidente della Camera

  • Elezione: Il 20 giugno 1979 Nilde Iotti fu eletta Presidente della Camera dei deputati (allora la terza carica dello Stato). Fu la prima donna nella storia della Repubblica Italiana a ricoprire questo incarico.

  • Mandato più Lungo: Rimase in carica per quasi tredici anni, fino al 22 aprile 1992, detenendo il mandato più lungo come Presidente della Camera nell'intera storia repubblicana.

  • Ruolo Istituzionale: Nel suo discorso di insediamento evidenziò il significato emblematico della sua elezione, che superava la sua persona per investire milioni di donne che avevano lottato per la parità e la responsabilità sociale.

La sua carriera si concluse con le dimissioni da deputata nel 1999, poco prima della sua scomparsa, a causa di problemi di salute.

 Fonte

ottobre 27, 2025

Il controllo dei media e la cultura del dissenso e dell'odio.
Il controllo dei media e la cultura del dissenso e dell'odio.

Malgrado tutto, la cultura del dissenso è sopravvissuta ed è cresciuta parecchio dagli anni sessanta, quando cominciò, molto lentamente, a svilupparsi. 

Non ci fu alcuna protesta contro la guerra d'Indocina se non anni dopo, con l'inizio dei bombardamenti americani sul Vietnam del Sud, e anche allora il dissenso fu circoscritto a un movimento costituito per la maggior parte di studenti e di giovani. 

Negli anni settanta le cose erano decisamente cambiate. 

La cultura del dissenso e dell'odio è sopravvissuta.

Si erano formati movimenti popolari importanti: quello ambientalista, quello femminista, quello contro il nucleare e altri ancora. 

Negli anni ottanta c'è stata un'ulteriore espansione con i movimenti di solidarietà, un fenomeno nuovo e importante nella storia del dissenso, almeno in quella degli Stati Uniti. 

Queste organizzazioni non limitavano la loro attività alla protesta, ma miravano a un vero e proprio coinvolgimento, spesso intimo, della popolazione nella sofferenza di persone lontane; queste esperienze hanno insegnato molto agli americani e hanno avuto un effetto civilizzante su tutta la società: coloro che sono stati coinvolti in questo genere di attività per molti anni devono esserne consapevoli. 

Io stesso mi rendo conto che le mie conferenze nelle regioni più reazionarie del paese (la Georgia centrale, il Kentucky rurale, eccetera) sono pari a quelle che avrei potuto tenere nel momento culminante del movimento per la pace davanti a un pubblico di attivisti. 

Certo, la gente può anche non essere d'accordo, ma almeno capisce di cosa si sta parlando ed è possibile trovare un punto di contatto.

Sono tutti segni di un processo di civilizzazione, a dispetto della propaganda, delle strategie messe in atto per controllare il pensiero e manipolare il consenso. 

La gente inoltre sta acquistando la capacità e la volontà di capire a fondo gli avvenimenti. 

Lo scetticismo nei confronti del potere è cresciuto e l'atteggiamento è mutato rispetto a molte questioni. È un cambiamento lento, come la deriva dei continenti, ma incisivo e importante. 

Se sia abbastanza veloce da produrre una differenza significativa in quel che accade nel mondo è un'altra faccenda. 

Consideriamo, per esempio, la differenza tra i sessi. 

Negli anni sessanta l'atteggiamento di uomini e donne rispetto ad argomenti quali le "virtù militari" e l'impiego dell'esercito era praticamente identico. 

Nessuno, uomo o donna, manifestava remore di questo tipo nei primi anni sessanta: tutti pensavano che l'uso della violenza contro altri popoli fosse legittimo. 

Ma con il passare degli anni le cose sono cambiate, e l'inibizione si è diffusa un po' dappertutto; in questo processo si è manifestato uno stacco, diventato poi una differenza sostanziale; secondo i sondaggi, riguarda circa il 25 percento della popolazione. 

Che cosa è accaduto? È accaduto che si è formato un movimento popolare parzialmente organizzato di cui sono protagoniste le donne, il movimento femminista. 

Non si tratta di una vera e propria organizzazione di militanti, ma di un movimento informale che fa leva su uno stato d'animo comune il quale crea un'interazione fra le persone. 

E questo è particolarmente pericoloso per una democrazia come quella americana: se riescono a costituirsi delle organizzazioni, se la gente non si lascia più distrarre dalla televisione, comincia a cullare strane idee e a sviluppare malsane inibizioni contro l'uso della forza militare. 

Un pericolo che non è ancora stato scongiurato.

Una schiera di nemici.

Anziché parlare dell'ultima guerra, vorrei parlare della prossima, perché è meglio essere preparati al futuro che ci attende. 

Oggi negli Stati Uniti è in atto un processo molto particolare, che per la verità si è già osservato in altri paesi: i problemi sociali ed economici si stanno aggravando con effetti potenzialmente catastrofici; coloro che detengono il potere non hanno alcuna intenzione di intervenire. 

Se si esaminano i programmi di politica interna dei governi dell'ultima quindicina d'anni (compresi quelli in cui il partito democratico era all'opposizione) non si trovano proposte concrete di intervento sui gravi problemi del sistema sanitario e scolastico, delle abitazioni, della disoccupazione, della criminalità, del vertiginoso aumento della delinquenza e della popolazione carceraria, del deterioramento dei centri urbani.

Nei primi due anni in cui George Bush è stato alla presidenza, tre milioni di bambini hanno oltrepassato la soglia della povertà, il debito è cresciuto sensibilmente, il sistema scolastico si è trovato sempre più in crisi, i salari reali sono rimasti pari a quelli della fine degli anni cinquanta per la maggior parte della popolazione e nessuno ha fatto niente. 

In tali circostanze bisogna distrarre il gregge smarrito perché, se si rende conto della situazione, potrebbe non accettare di subirne le conseguenze. 

Il campionato di calcio e le sitcom potrebbero non bastare più. 

Mondiali di calcio, miliardi e povertá 

Bisogna incitarlo ad avere paura dei nemici.

Negli anni trenta Hitler spinse i tedeschi ad avere paura degli ebrei e degli zingari: per difendersi bisognava sterminarli. 

Anche gli americani abbiamo i nostri metodi: nell'ultimo decennio, ogni uno o due anni, è stato inventato un grande mostro da cui era necessario difendersi. 

Eravamo abituati ad averne uno sempre a disposizione: l'Unione Sovietica. 

Ma poi come nemici i russi hanno perso la loro attrattiva, e siccome diventava difficile usarli a quello scopo, occorreva tirare fuori dal cappello qualche nemico nuovo. 

In realtà, George Bush è stato ingiustamente criticato per non aver saputo spiegare chiaramente come stavano le cose. 

Prima della metà degli anni ottanta, la minaccia era sempre la stessa: i russi. 

Poi quella minaccia non ha più avuto senso e Bush ha dovuto trovarne di nuove, come aveva fatto l'apparato di pubbliche relazioni di Reagan in precedenza. 

Alla conquista del mondo ci furono allora i terroristi internazionali, i narcotrafficanti, gli arabi impazziti e Saddam Hussein, il nuovo Hitler, uno dopo l'altro. 

Spaventate la popolazione, terrorizzatela, fatela sentire minacciata in modo che se ne stia chiusa in casa e non osi spostarsi. 

Poi ottenete una gloriosa vittoria su Grenada, Panamà o qualche altro esercito indifeso del Terzo mondo che riuscirete a polverizzare prima ancora di averlo visto schierato: proprio come è avvenuto. 

Allora ci sarà un sospiro di sollievo: siamo stati salvati all'ultimo minuto. 

Questo è uno dei modi in cui potete impedire al gregge smarrito di prestare attenzione a quanto sta realmente accadendo, distrarlo e controllarlo. 

Il prossimo mostro a entrare in scena sarà, molto probabilmente, Cuba: bisognerà continuare la guerra economica illegittima e probabilmente recuperare il terrorismo internazionale, riportandolo ai livelli dell'operazione Mongoose, organizzata dall'amministrazione Kennedy ai danni dell'isola, rimasta ineguagliata, salvo forse per la guerra contro il Nicaragua (per chi vuole considerarla terrorismo; la Corte mondiale in realtà l'ha trovata più simile a un'aggressione). 

C'è sempre un'offensiva ideologica che costruisce un mostro, e poi organizza una campagna militare al fine di annientarlo. 

Se il nemico è in grado di difendersi, questa strategia diventa troppo pericolosa; ma se c'è la certezza di poterlo sconfiggere, allora si parte all'attacco e tutti potranno tirare un sospiro di sollievo per lo scongiurato pericolo.

bambini povertá 

Fonte: Noam Chomsky