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dicembre 29, 2009

L'oro delle Ande: la cerimonia del Chaccu

l'oro_delle_ande Ogni anno si tiene in Perù la cerimonia del Chaccu, la tosatura delle vigogne, animale parente del cammello. Il suo manto, allo stato grezzo, costa fino a 400 dollari al chilo, il più caro in commercio. Per gli abitanti dei villaggi andini è fonte di sopravvivenza. Soprattutto adesso che non è più a rischio di estinzione da Picotani

Le foglie di coca sono stese sul pavimento al centro della sala. La tradizione impone ad ospiti e notabili di raccoglierne tre, tenerle in mano, soffiarci sopra e metterle sul piatto delle offerte. Un rituale sacro per richiedere il favore degli Apus, le montagne, la Pachamama, la madre terra, ma anche del Dio cristiano. Con questa liturgia tribale in cui diverse credenze si fondono tra loro, inizia il Chaccu, la tosatura dell'oro delle Ande peruviane: la vigogna, l'animale sopravvissuto a cinque secoli di razzie. La parola Chaccu, 'recinto di caccia', è un'eredità della lingua quechua, ancora oggi parlata dagli indios delle montagne ed usata dagli Inca. A quei tempi la cerimonia, con canti e danze, veniva celebrata ogni quattro anni per procurare i fiocchi di lana per le preziose vesti del sovrano. L'animale era infatti ritenuto un dono del Dio del Sole e solo il re aveva il privilegio di indossare abiti tessuti con la sua preziosa pelliccia. Oggi il rituale è diventato annuale, ma i gesti dei contadini rimandano ad un passato mai dimenticato.

A Picotani, nella regione dell'Azangaro a quasi 5 mila metri d'altezza, nel giorno del Chaccu in novembre si aggirano ancora i chaski. Gli antichi emissari del re, tutti vestiti di bianco, non attraversano più l'impero per consegnare messaggi, ma non hanno perso il loro tradizionale spirito d'accoglienza, rincorrendo all'entrata del villaggio le jeep dei visitatori. Nelle case dei mille abitanti l'acqua corrente è un lusso: per lavare i lunghi capelli neri, le donne sfidano il gelo del mattino nelle fontane all'aperto. Le case sono spartane, l'elettricità va e viene e le gambe poco coperte degli indios sono abituate a percorrere distanze anche di quattro ore, magari solo per andare a scuola.
Gli orizzonti, però, si sono ampliati e molti giovani hanno lasciato i pascoli di famiglia e studiano nelle università delle vicine Juliaca e Puno. A Picotani si vive dell'allevamento di lama, alpaca e vigogna, tutti parenti stretti del cammello. Il dono degli dei è il più piccolo tra i camelidi e il suo vello è il più caro: allo stato grezzo può costare fino a 400 dollari al chilo e da ognuno se ne ricavano all'incirca 200 grammi a tosa.

La Multi Communal Picotani, con circa 6 mila capi sparsi su centinaia di ettari di territorio, include anche le vicine Cambria e Toma. Da qui gli abitanti si mobilitano in massa per il Chaccu, colmando a piedi i chilometri di distanza sotto l'ultima neve dell'inverno australe pur di partecipare all'evento.

Gli uomini del villaggio partono al mattino presto con le moto alla volta degli alti pascoli per spingere le selvatiche vigogne giù, lungo i pendii e verso il centro del paese. Snelle, agili, veloci e dai grandi occhi, sembra che volino sull'erba. In gruppi sempre più numerosi spuntano all'orizzonte seguendo il sentiero tracciato dagli uomini; ai due lati, catene di persone costituiscono un limite invalicabile. Sono più di 250 donne, molte con i figli dalle guance screpolate dal freddo sulle spalle, munite di teli di plastica o lembi di stoffa colorati da sventolare davanti alle vigogne quando cercano una scappatoia per fuggire. Un flusso che sembra inarrestabile in un silenzio surreale interrotto solo dal vento e dalle grida in quechua. L'ultima tappa del viaggio è il recinto al centro del paese, dove i quadrupedi vengono raggruppati.

È qui che gli anziani selezionano i capi da destinare alla tosatura. È sera e gli animali, privi del loro pelo dorato, vengono liberati. Prima, però, l'ultimo ringraziamento agli dei per il ricco Chaccu: il matrimonio divino, l'unione di due cuccioli, maschio e femmina, a cui viene tagliato un pezzo d'orecchio per mischiarne il sangue.

Il nome 'oro delle Ande' non evoca solo il colore del manto, ma richiama alla mente anche l'importanza economica. Le potenzialità di queste fibre furono intuite già dagli spagnoli nel Sedicesimo secolo. Purtroppo, lo spirito predatorio prevalse su quello di conservazione e la caccia sfrenata portò la vigogna a rischio d'estinzione. Dai due milioni d'esemplari di quel tempo, si arrivò a contarne poco più di 5 mila negli anni Sessanta. Nel 1976 la Cites, la convenzione internazionale dell'Onu che regola il commercio di animali e piante in pericolo, ordinò di proteggerla per evitarne l'estinzione e ne vietò il commercio. Negli stessi anni in Sud America fu firmato un accordo tra i paesi produttori per la sua conservazione. Nel '94, quando la vendita della pelliccia delle vigogne tosate da vive tornò ad essere legale, la popolazione fu la prima ad essere coinvolta. Le comunità locali hanno ricevuto l'usufrutto dei camelidi: in cambio si sono impegnate a proteggerli dai bracconieri. E guardando l'ultimo censimento, dove se ne sono contati circa 180 mila, sembrerebbe che la strada intrapresa sia quella giusta.

La particolarità del suo vello, setoso e più sottile del cachemere, la rendono una delle fibre naturali più ricercate al mondo. Anche la lavorazione è molto delicata: ogni fiocco è controllato filo per filo, per separare quelli buoni da quelli troppo spessi o rovinati. Per molti di loro la destinazione finale è dall'altra parte dell'oceano, verso le più importanti aziende tessili europee, come Loro Piana ed Ermenegildo Zegna. Qui la ejarratura, cioè la selezione delle fibre, viene fatta meccanicamente. Le due aziende italiane, unite in un consorzio, furono le prime a collaborare con il governo peruviano dopo il '94 e per i primi anni ebbero l'esclusiva d'acquisto.

Oltre alla mai tramontata minaccia dei bracconieri, negli ultimi anni è comparsa un'altra ombra: il riscaldamento globale. Secondo alcuni studi in Perù, dagli anni Sessanta a oggi, si è ritirato il 22 per cento dei ghiacciai. Inoltre, l'intensità di pioggia e neve è diminuita in maniera preoccupante. Nei dintorni di Arequipa sulla vetta del Chachani l'anno scorso la neve per la prima volta nella storia è scomparsa già a novembre. A lanciare l'allarme sono le centinaia di allevatori che hanno visto i loro pascoli ridursi sensibilmente. "Un tempo, si decideva il numero dei capi da tenere in base a quante braccia si avevano a disposizione", spiega Moises, il capo fattore del ranch Mallkini, della famiglia Mitchell, una delle più ricche del paese: "Oggi invece la scelta è fatta tenendo conto del terreno ancora ricoperto d'erba dove gli animali si possono nutrire: noi siamo passati da 4.500 a 3.500 alpache e siamo costretti ad utilizzare l'acqua delle pozze sotterranee".

L'emergenza idrica è il male del millennio e i contadini, che non hanno altra fonte di reddito se non i prodotti della terra, sono i primi a chiedere aiuto. L'azienda Ermenegildo Zegna fin dalla sua nascita cent'anni fa si è impegnata a usare le fibre naturali della migliore qualità. Nei suoi viaggi in giro per il mondo Paolo Zegna, presidente della società e nipote del fondatore, si è imbattuto nella comunità di Picotani e ha deciso di fare qualcosa per il villaggio, dotandolo di strutture per combattere l'emergenza idrica. Nel 2008 la Fondazione di famiglia ha dato vita a un progetto d'irrigazione dei pascoli delle vigogne, indispensabile per la fertilità del terreno soprattutto durante il periodo di scarsità delle piogge tra maggio e ottobre. Il piano prevede la costruzione di una diga nel bacino naturale Laguna Pocona, inaugurata in occasione del Chaccu, e di alcuni canali che saranno pronti nel prossimo biennio. Una speranza per portare l'oro del futuro, l'acqua, il più in alto possibile, dove abitano le fiere regine delle Ande.

fonte: L'Espresso

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dicembre 22, 2009

Perché Linux è Meglio. Gioca a centinaia di video
Centinaia di giochi sono rilasciati sotto licenza libera (sia come "birra gratis" che come "discorso libero") : 2D, 3D, puzzle, giochi di strategia, sparatutti in prima persona, azione, giochi multiplayer online, e altri ancora!

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dicembre 21, 2009

Elettronica open source: Celle solari organiche,  l'energia del prossimo futuro

La ricerca di fonti di energia rinnovabile rappresenta, attualmente, il primo problema cui l’umanità deve urgentemente trovare soluzione. Da questo punto di vista, l’energia fornita dal sole rappresenta una valida alternativa a quella ricavata dallo sfruttamento dei combustibili fossili ed è potenzialmente destinata a diventare la forma di energia più importante del prossimo futuro.

Celle solari organiche

Già da molti anni, infatti, si è sviluppato un forte interesse per la tecnologia fotovoltaica, volta alla realizzazione di celle solari al silicio cristallino in grado di convertire direttamente la luce del sole in energia elettrica. Tuttavia, i costi di realizzazione e di installazione dei pannelli solari al silicio risultano eccessivamente proibitivi, tanto da renderli poco convenienti rispetto alle forme tradizionali di sostentamento energetico.
Negli ultimi anni, però, sta prendendo sempre più vigore una nuova tecnologia del solare, mirante alla realizzazione di celle solari organiche con costi di produzione molto contenuti rispetto a quelli del tradizionale fotovoltaico.

REALIZZAZIONE DI UNA CELLA SOLARE ORGANICA

Le celle solari organiche rappresentano il tentativo di emulare la fotosintesi clorofilliana dei vegetali, volta alla generazione di energia chimica (in forma di glucosio e ossigeno), a partire dall’assorbimento della luce solare.
Un possibile processo di realizzazione di una singola cella solare organica comprende alcune semplici fasi (fig.1):


Fig.1

    -realizzazione dei due contatti elettrici;
    -scelta e applicazione del materiale fotosensibile alla luce;
    -preparazione di una soluzione elettrolita;
    -incapsulamento del dispositivo;

          I due contatti elettrici, realizzati durante la prima fase del processo, sono costituiti da vetrini conduttori trasparenti; su uno dei vetrini (l’elettrodo) viene depositato uniformemente un film di ossido metallico ad elevata conducibilità (ad esempio diossido di titanio).

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          Durante la seconda fase del processo viene scelto il materiale organico fotosensibile, rappresentante il componente fondamentale del dispositivo fotovoltaico, in quanto responsabile della conversione della radiazione solare in energia elettrica. Tra i pigmenti organici testati dai centri di ricerca che si occupano di fotovoltaico organico risulta particolarmente interessante quello ricavato dai frutti di bosco, in quanto esso possiede un elevato coefficiente di assorbimento della radiazione solare ed è in grado di effettuare un’ottima conversione della luce in elettricità.

          Questa seconda fase termina con l’immersione di uno degli elettrodi all’interno del pigmento in fase liquida, cercando di massimizzare la superficie di interazione tra i due materiali (ad esempio microfiltrando il pigmento organico perché possa meglio essere assorbito dalle nanoparticelle del diossido di titanio).

          La terza fase del processo consiste nella preparazione di una soluzione elettrolita di sali da frapporre tra gli elettrodi della cella solare, in modo da evitare che essi si trovino in cortocircuito fra loro. Inoltre, dato che il pigmento fotosensibile durante la conversione della luce in elettricità perde elettroni, l’introduzione della soluzione ha lo scopo di fornire al pigmento nuove cariche negative da impiegare nel processo.

          Infine, durante l’ultima fase, si procede alla sigillatura dei due elettrodi, avendo cura di immettere tra essi la soluzione elettrolita precedentemente preparata.

          Una volta sigillata, la cella solare è pronta per essere collegata ad un carico esterno, cui fornisce energia elettrica mediante un semplice principio di funzionamento (fig.2): i fotoni della radiazione solare, incidendo sul dispositivo, permettono agli elettroni del pigmento di effettuare il passaggio da uno stato energetico inferiore a uno stato energetico superiore; tali elettroni, poi, sono prelevati dal diossido di titanio e portati al carico esterno tramite l’elettrodo del dispositivo. Dopo aver fornito energia al carico gli elettroni, tramite il controelettrodo, sono raccolti dall’elettrolita e nuovamente forniti al pigmento fotosensibile.


          Fig.2

          APPLICAZIONI E SVILUPPI FUTURI


          Il primo vantaggio delle celle solari organiche è legato alle tecniche utilizzate per la deposizione dei materiali impiegati. Questi ultimi, infatti, possono essere applicati con metodologie tecnologiche tipiche della serigrafia e possono essere, quindi, depositati su superfici molto ampie con costi veramente contenuti. Inoltre, potendo essere trattati come inchiostri colorati, tali materiali consentono ai produttori di coinvolgere attivamente l’industria della stampa e del vetro per realizzare celle solari artistiche e rispondenti alle più svariate esigenze estetiche del mercato.

          Sempre con riferimento ai materiali utilizzati, è importante constatare che essi sono adatti ad essere applicati anche su substrati flessibili e molto leggeri, rendendo facilmente prevedibile un possibile abbattimento dei costi legati al trasporto dei pannelli solari dal costruttore al cliente.

          Nonostante siano fonte di guadagno per diversi settori industriali, però, le celle solari organiche presentano alcune problematiche ancora non completamente risolte e rappresentano, quindi, una sfida tecnologica ancora aperta per i numerosi centri di ricerca che se ne occupano.
          Il primo problema da risolvere riguarda il valore dell’efficienza di conversione; tale valore, infatti, dato dal rapporto tra la potenza elettrica prodotta e la potenza della radiazione luminosa incidente, risulta prossimo all’11% se misurato in laboratorio, mentre cala drasticamente se rilevato all’aperto.

          Una seconda considerazione riguarda la potenza fornita da questo tipo di celle solari in funzione del tempo di vita e della temperatura di esposizione del dispositivo (fig.3).


          Fig.3

          Dal grafico di figura 3 infatti, è possibile rilevare che a una temperatura di 25°C la potenza fornita dalla cella solare organica rimane costante con il trascorrere delle ore, mentre, a temperature più elevate, già dopo sole 24 ore, le prestazioni della cella solare sono drasticamente ridotte al minimo.

          Anche l’incapsulamento della cella solare può comportare alcuni problemi relativi, soprattutto, all’ermeticità del dispositivo. L’evaporazione dell’elettrolita o l’ingresso di aria, infatti, potrebbero compromettere irrimediabilmente le prestazioni della cella solare, tanto da rendere necessario lo sviluppo di diverse tecniche di incapsulamento alla ricerca dell’alternativa migliore.

          Inizialmente, infatti, nelle prime celle solari organiche gli elettrodi venivano posti uno di fronte all’altro frapponendo tra loro uno spaziatore e, successivamente, venivano sigillati tra loro sui quattro lati, avendo cura di lasciare aperti i fori per l’immissione dell’elettrolita. Una volta introdotto l’elettrolita, i fori venivano chiusi con pasta termosaldante. Questa tecnica di incapsulamento, però, non forniva garanzie di completa ermeticità, in quanto l’elettrolita poteva facilmente dissolvere la pasta utilizzata per chiudere i fori, consentendo all’aria di entrare nel dispositivo. Per risolvere tale problema si è cominciato a realizzare celle solari organiche monolitiche, cioè completamente sigillate e prive di foro per l’ingresso dell’elettrolita. Solo dopo aver incapsulato il dispositivo, si procedeva a forare superiormente il controelettrodo e ad immettere l’elettrolita in assenza di aria. Il foro veniva poi sigillato con un patch in vetro e non introduceva più alcuna problematica relativa all’interazione della parte attiva del dispositivo con agenti esterni.

          In ultima analisi, quindi, al fine di consentire la diffusione capillare delle celle solari organiche sarà necessario, in futuro, sia mettere in atto nuove strategie costruttive per migliorare l’efficienza di conversione del dispositivo sia, soprattutto, giungere alla realizzazione di un sistema automatico di produzione, indispensabile a rendere concretamente possibile la sostituzione del costoso fotovoltaico tradizionale con l’innovativa tecnologia fotovoltaica organica.

            fonte: MC elettronic


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