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febbraio 27, 2012

Il crimine organizzato letto dal punto di vista economico.

crimineNell’analisi delle relazioni tra l’economia reale e il crimine organizzato e delle modalità di come queste si manifestano e condizionano l’ambiente socio-economico di riferimento può essere utile delineare i tratti strutturali ed organizzativi delle mafie viste dal punto di vista economico, come fornitori di beni e servizi, ricorrendo al concetto di impresa criminale.

L’organizzazione dei grossi sodalizi delinquenziali, infatti, si avvicina molto alla forma di impresa: dopo aver reperito i fondi iniziali per edificare la propria struttura organizzativa, essi forniscono beni e servizi (illeciti) ad una rete di consumatori/vittime degli stessi, riscuotendo un prezzo per tali attività di cessione sul mercato.

Questi proventi, al contempo, poiché frutto di condotte criminose, non possono essere subito goduti come utilità, con la conseguente necessità di allontanare quanto più possibile la provenienza illecita di tali fondi, così da finanziare le attività correnti e potenziare la stessa struttura criminale.

L’impresa criminale presenta, ovviamente, tratti peculiari rispetto alle imprese legali, tutti correlati tra loro:

- è un’impresa, anzitutto, che non persegue fonti di profitto tramite la libera concorrenza, ma rincorre fonti di rendita attraverso l’esercizio del potere e, dunque, “l’attività militare”;

- cerca di assicurarsi il monopolio territoriale come forma più semplice di rendita e solo successivamente ricorre ad alleanze strategiche o a lotte armate per espandersi o appropriarsi delle rendite monopolistiche di altre imprese;

- agisce in un contesto caratterizzato da una selezione più aspra di quella compiuta dalle forze di mercato e non tanto per l’uso della violenza quanto per l’ irreversibilità degli errori strategici[2], nel senso che alla morte di una ne nasce immediatamente un’altra;

- deve fronteggiare sia il rischio rappresentato dalla lotta dello Stato, sia quello derivante dalla competizione delle altre imprese criminali, dunque deve controllare l’economia legale ed illegale di riferimento[3] tramite fiancheggiatori ed altri soggetti esterni;

- spesso mantiene distinto il profilo criminale da quello più semplicemente illegale degli affari (specie se questi necessitano di competenze qualificate), ottenendo così una divisione del lavoro su più livelli che le consente di lasciare meno tracce e di coinvolgere anche chi non accetterebbe volentieri relazioni malavitose;

- per attenuare l’eventualità di aggressioni esterne, o i danni di queste, è strutturata su più livelli, avvalendosi di un sistematico coinvolgimento dei nuclei familiari dei suoi affiliati;

- trae dall’espropriazione, e non dalla produzione, le risorse necessarie alle proprie attività.

crimine-organizzato

L’esercizio dell’attività militare le garantisce una domanda sempre adeguata all’offerta.

L’individuazione dei tratti salienti non deve far intendere, però, l’esistenza dell’impresa criminale tipica: la tipicità degli ambienti interessati e delle forme di illegalità presenti condizionano molto la risposta, in termini strategici, delle cosche malavitose, sia in termini strutturali, sia organizzativi.

Ed è proprio la concezione della struttura in chiave strategica a consentire all’industria del crimine di interagire con l’economia legale di riferimento.

Il crimine organizzato, infatti, si configura generalmente attraverso modelli imprenditoriali molto flessibili, così da assumere forme, dimensioni e strutture che gli consentano di variare con estrema semplicità, nel breve periodo, le modalità di intervento sul mercato ed i propri obiettivi, perennemente alla ricerca, nel contempo, di quel monopolio territoriale vero vantaggio competitivo stabile e duraturo
Il ruolo cardine del riciclaggio

La diffusione della criminalità organizzata costituisce un grave allarme sociale non solo in termini di ordine pubblico, ma anche in chiave di minaccia economica derivante dall’utilizzo nel mercato legale di massici flussi di liquidità derivanti dalle attività criminose.

Il  loro impiego, infatti, altera i meccanismi della concorrenza condizionando le opportunità di creare ricchezza da parte dell’economia legale.

Quello comunemente detto riciclaggio è un processo complesso che si articola in tre fasi:

a) la fase del collocamento, inteso come ingresso nel sistema finanziario dei fondi provenienti da attività illecite.
Questa è la più rischiosa. Il più delle volte la liquidità e i beni perfettamente assimilabili sono collocati in prossimità con la sede dell’attività criminale, dati i  rischi e le difficoltà legate al loro trasferimento fisico.

La variabile temporale è un’incognita, anche se la perdita netta di liquidità nel caso di lunghe soste delle somme non sembra più concepibile.

b) la fase della pulitura, riferita al mascheramento della provenienza illecita dei fondi occultandoli nel sistema finanziario.

Questa, che abbraccia un orizzonte temporale più o meno esteso, inizia quando i proventi illeciti passa dalle mani della criminalità a quelle, inconsapevoli o complici, di un intermediario finanziario, regolare o meno, e si manifesta in una serie di operazioni volte ad allontanare i fondi dalla fonte criminale.

c) la fase dell’integrazione economica, il riciclaggio in senso stretto, relativa all’investimento dei capitali ormai legittimati con l’obiettivo di ricavarne un reddito. E’ la fase cronica, quella in cui i proventi ripuliti si inseriscono stabilmente sui mercati, reali e/o finanziari, non solo perché permette un’ulteriore simbiosi, ma anche perché crea dei legami duraturi con l’economia legale, influenzandone le normali dinamiche.

criminali_e_organizzati

L’attività di riciclaggio può ritenersi investita di una duplice funzione finanziaria:

una”funzione di supporto”, per le operazioni quotidiane di tesoreria e per le decisioni strategiche di progettazione dei canali da utilizzare;

una “funzione operativa”, per rendere produttive le eccedenze ripulite resesi disponibili dopo aver soddisfatto le esigenze di autofinanziamento dell’organizzazione.

Il tutto secondo criteri assolutamente razionali, ispirati ad una logica unitaria di “portafoglio”. Non a caso le modalità di espletamento di questo processo sono affidate all’esterno, coinvolgendo i cd. “colletti bianchi”.

fonte: Dillinger

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