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luglio 30, 2010

Stephen King, l'impero del "Re" si allarga ancora: nuovi libri, serie tv e un progetto in Rete.
Nuovi libri, serie tv e un progetto in Rete per cui ha chiesto la partecipazione dei lettori. A Hollywood si lavora al remake di "It". E King confessa: "Penso al seguito di Shining"

Dal 1974, quando il suo Carrie approdò nelle librerie americane, Stephen King continua a sfidare i suoi lettori, cercando ogni volta qualcosa di diverso che possa stimolare il proprio immaginario e stupire il pubblico.

Questa volta, per non oziare durante il periodo estivo lo scrittore ha deciso di proporre ai suoi fans la costruzione di una sorta di impero multimediale. Si chiama infatti Stephen’s Empire il progetto lanciato da qualche settimana sul suo sito ufficiale (www.stephenking.com). «Devo ammetterlo - dice -, dopo 36 anni (prendere o lasciare) passati a scrivere storie mi sento affamato non di cibo ma di potere. Ho così deciso di costruire una sorta di impero virtuale ma ho bisogno del vostro aiuto».

Ma in che cosa consiste la richiesta di Mr King? Il maestro della suspense ha invitato i suoi lettori a mandargli da tutto il mondo immagini di luoghi, oggetti o case che in qualche modo possano essere legati al suo mondo e alle sue opere. Foto che suggerisce di corredare di didascalie: «perché le didascalie sono spesso ciò che rende buona una foto. Un po’ come la salsa di cioccolato su una coppa di gelato guarnita, o un dente affilato per un vampiro o un reggiseno di pizzo nero indossato da Lady Gaga». E mentre migliaia di immagini stanno piovendo al suo indirizzo, i più si chiedono che cosa partorirà questo strano progetto: un libro fotografico, un nuovo romanzo on line, un concorso a premi, o semplicemente una nuova sfida creativa? King, intanto si diverte a commentare, come in uno spiritoso diario di viaggio, le immagini inviate suggerendo: «continuate a mandarmi immagini, vi prego, il mio impero ha bisogno di ingrandirsi!!!».

È divertente vederlo corredare l’immagine di una gigantesca fornace speditagli da un fan con una fulminante battuta: «Ecco un luogo perfetto per Twilight!» (saga da lui particolarmente odiata). Oppure l’immagine di un supermercato supereconomico chiamato King, commentata così: «con prezzi così bassi, questo posto mi fa davvero paura!». O due ingressi di autostrada la cui didascalia suggerisce «siete pregati di evitare di cercare morti da queste parti».


Mentre l’Impero di King cresce a dismisura, anche la presenza di nuovi titoli kinghiani in libreria e di progetti televisivi e cinematografici è inarrestabile. È già disponibile il quarto volume antologico della graphic novel ispirata al ciclo della Torre Nera, intitolato La caduta di Gilead (Sperling& Kupfer), con tavole di Jae Lee e Richard Isanove, e per il 2 settembre è annunciato il primo dei quattro albi che comporranno La Battaglia di Jericho Hill (Panini Comics). Questo episodio culminante della prima parte della serie fantasy ha per scenario la collina di Jericho Hill, dove si combatte l’ultima battaglia fra il Bene e il Male e dove il pistolero Roland Deschain dovrà affrontare migliaia di Lenti Mutanti e le terribili armate capitanate dal Re Rosso.

In autunno è prevista l’uscita mondiale della raccolta di novelle Full Dark, No Stars (in Italia uscirà in novembre da Sperling&Kupfer con il titolo Notte buia, senza stelle, nella traduzione di Wu Ming 1) , destinata a rinnovare i fasti di un classico come Stagioni diverse. Quattro storie che l’editore Simon&Schuster rivela essere intitolate 1922, Big Driver, Fair Extension e Good Marriage e che avranno per protagonisti rispettivamente: l’uxoricida Wilfred James, la scrittrice di mistery Tess che si perde per strada cercando di andare a un incontro dell’ultimo minuto in un book club, il malato di tumore Harry Streeter che stringe uno strano patto col diavolo e Darcy Anderson che scopre il terribile segreto nascosto per anni nel garage di casa da suo marito dentro a una scatola.

Sul fronte televisivo va segnalato che dal 9 luglio il canale satellitare americano Syfy ha lanciato la prima stagione del serial Haven ispirato, nelle intenzioni degli autori, al noir Colorado Kid. In realtà Sam Ernst e Jim Dunn hanno costruito un plot ispirato solo vagamente per l’ambientazione e certi personaggi della storia originale di King e propongono le investigazioni dell’agente FBI Audrey Parker che indaga su uno strano omicidio accaduto nella cittadina di Haven dove scoprirà che tutti gli abitanti sono dotati di poteri sovrannaturali che si manifestano soltanto nel loro paese.

Se positivi sono stati i riscontri di pubblico ottenuti dai primi quattro episodi di Haven, è invece naufragato definitivamente il progetto di J.J. Abrams e Damon Lindelof (ai quali King stesso pare avesse proposto un interessante spin-off di Lost) di realizzare un adattamento su grande schermo del ciclo della Torre Nera. Progetto prontamente affidato, almeno per il momento, alla Imagine Entertainment e alla Weed Road Productions che hanno reclutato lo sceneggiatore Akiva Goldsman e il regista Ron Howard (reduci dal successo di Angeli e demoni) che dovrebbero realizzare una prima pellicola e successivamente ipotizzare uno sviluppo di serial televisivo dei sette romanzi kinghiani che compongono il ciclo.

Fervono a Hollywood anche i lavori di sceneggiatura per i remake di It e Pet Sematary e in occasione del ritiro del Public Library Literary Award, assegnatogli nel maggio scorso, King ha ammesso pubblicamente: «mi piacerebbe scrivere un seguito di Shining, ma anche un altro libro della saga della Torre Nera, così come mi piacerebbe camminare sulla Luna, ma non so se farò anche quello». Una cosa è certa: l’Impero di Stephen è ormai sconfinato.




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luglio 29, 2010

La centrale solare nel deserto, una sfida ai signori del petrolio.
Il Negev è una scatola di sabbia e di sogni, e al mattino ci appare da lontano, sul giallo del deserto, l’ultima versione della fantasia scientifica israeliana sul futuro: una grande struttura rotonda, una specie di ombrello semirovesciato ritto su gambe di acciaio, la proposta al mondo il cui padre, professor David Feinmann, ci accoglie con l’entusiasmo e la gioia di chi vuole cambiare il mondo, e sa come farlo. 

I pannelli solari di Feinmann sono il risultato della ricerca compiuta per 30 anni dal Centro nazionale per l’Energia Solare, a Sde Boker, il kibbutz dove David Ben Gurion si ritirò a fare l’agricoltore dopo aver fondato lo Stato d’Israele. 

Qui si capisce bene il suo paradosso: «Chi non crede nei miracoli non è realista».

Il Negev gli piaceva perché era aperto e vuoto di nemici per un popolo abituato a combattere e a soffrire da millenni, perché qui la fantasia poteva scatenarsi in ogni direzione, pulita come l’aria del deserto. Proprio il deserto, che è stato persino lo sfondo della consegna a Mosè delle tavole della legge, potrebbe essere ora di nuovo la madre di un messaggio basilare, quello dell’energia solare a basso costo, libera dalla logica micidiale dei pozzi di petrolio. 


Shimon Peres solo pochi giorni fa ha annunciato lo sviluppo dell’energia pulita in Israele come la prossima frontiera del sionismo: ha parlato della produzione e dell’uso di massa in Israele di un’auto a basso costo che marci ad elettricità; nel Negev si producono case completamente autosufficienti dal punto di vista energetico solo con l’uso del sole che brilla quasi tutto l’anno, e presto queste case diventeranno un grande progetto industriale a basso costo, destinato alle giovani coppie.

L’invenzione di Feinmann lui ce la spiega con accento britannico dopo che arriviamo a lui avendo già visitato altri spazi dell’International Institute for Desert Studies, 5.000 fra studiosi e studenti anche dai Paesi arabi ma anche dall’India, dalla Cina, dall’Africa, e, mi dicono, uno studente dalla Sicilia, che vivono nel campus e nei laboratori dove si studia come frati laici irrigazione, desalinizzazione, riciclaggio spasmodico fino all’ultima goccia, allevamento di pesci, vittorie varie sulla desertificazione tramite la coltivazione di piante e l’allevamento animale. I giovani partecipano ad invenzioni che producono il futuro dell’uomo specie per sfruttare l’acqua, la terra, le alghe, creando un nuovo rapporto naturale con la terra, ci spiegano nell’edificio centrale azzurro e bianco, dove invece dell’aria condizionata l’indispensabile raffreddamento è prodotto da un fontanone trasparente che con un sistema di tubi e sempre usando la medesima acqua produce una temperatura molto piacevole in tutte le stanze, le aule, la biblioteca.


Torniamo al sole da Feinmann: «Fino a oggi - spiega rigirando per le mani un quadratino che si rivela essere una cellula fotovoltaica - si sono usate queste cellule per trasformare la luce in elettricità. Ma costano moltissimo. Per produrre un watt si usa una cellula di dieci centimetri per dieci», ce la mostra di nuovo, come un giocattolo che solo lui sa usare. «L’altissimo costo impedisce che si produca dunque molta elettricità. Ma noi abbiamo trovato un semplice modo di estrarre dalla medesima cellula 1.500 watt: questa grande parabola è interamente costruita con specchi, che costano pochissimo, e là in alto, sull’antenna, è piazzata una cellula di 10 centimetri per 10. Otteniamo così 1.500 watt per quello che ne avrebbe prodotto dieci solo usando degli specchi, una struttura di acciaio, e un sistema idraulico perché la parabola si muova col sole. I costi in questo modo sono abbattuti quasi a zero, 1.500 volte di meno».

Vicino alla struttura rotonda ce n’è una lineare lunga come un serpente di cento metri, che concentra il sole e si muove in sintonia con esso, concentrando il suo enorme calore moltiplicato su un tubo in cui si muove un liquido che si accende di energia. La ditta Sollel ha firmato da poco un contratto con una compagnia americana, la PG&E, per costruire con questo sistema la più grande stazione energetica del mondo nel deserto Mojave della California: avrà circa 7.000 pannelli di questo genere e coprirà circa 14 chilometri quadrati. Fra quattro anni sarà in funzione e produrrà intorno a 553 megawatt di elettricità.


Feinmann, che vive dal 1976 con la sua famiglia a Sde Boker, suona e sente musica nei momenti liberi, e ha ormai collezionato il sesto nipotino: «Il lavoro è parte di un grande progetto costruito con gli europei, di cui i tedeschi sono i primi partner, le cellule sono made in Germany». Sogna che Israele sia indipendente dall’energia petrolifera, anche se capisce bene che si tratta di un obiettivo lontano dalla possibilità di una realizzazione veloce: «Noi, un Paese piccolo, abbiamo bisogno di 50 miliardi di kilowatt l’anno. Da 12 chilometri quadrati col mio sistema possiamo ricavarne 2 miliardi l’anno. Insomma con sei chilometri quadrati di deserto, si fa un miliardo di kilowatt».


Lo dice con un guizzo di entusiasmo come fosse da ieri che l’ha capito, con un entusiastico ammiccamento al futuro: che Israele almeno metta in cantiere qualcosa di serio e grande, finalmente!, è il suo messaggio. «C’è stata e c’è difficoltà burocratica a cedere territorio, finanziamenti statali, fiducia, ma mi sembra che oggi qualcosa si muova, qualcosa si sta svegliando. Vede, io lavoro a questa idea - spiega - da quando ho capito una cosa: Israele consuma solo un terzo dell’uno per cento dell’energia del mondo, e i nostri politici hanno sempre pensato che, se i fornitori dovessero chiuderci la porta in faccia, potremmo sempre comprare dagli Usa o dall’Europa. Ma io invece temo che il giorno dei serbatoi secchi qualcuno potrebbe chiedere agli Usa, per esempio, di consegnare Israele su un vassoio in cambio della solita fornitura. 

E allora è bene prepararsi se non all’autosufficienza, alla minore dipendenza possibile. Per ora le nostre proposte suscitano nel mondo enorme interesse, tutti i giorni ho proposte dal mondo intero. Qui si va più lentamente, siamo certo più poveri e quindi cauti; ma sono fiero che la proposta dell’energia pulita a basso costo venga al mondo da Israele, da Sde Boker. Anche se non mi figuro chissà quali contenuti trascendentali, dato che la pace e la guerra prima ancora di essere causati dalla storia sono componenti dell’anima, pure mi rendo conto anche che in queste strutture sotto il sole c’è una bella proposta di cooperazione energetica, adatta al mondo intero. Basta un po’ di sole». Che, come dice Shimon Peres, è più affidabile degli Arabi Sauditi.



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luglio 22, 2010

A caccia di indizi sulla materia oscura: una nuova tecnica di mappatura del cosmo a grande scala.
Permette di raccogliere le emissioni radio da migliaia di galassie alla volta, filtrando le interferenze di fonte antropica e quelle provenienti dalle sorgenti astronomiche più vicine.

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Toronto e della Carnegie Mellon University ha messo a punto una nuova tecnica, descritta in un articolo pubblicato su Nature, per la mappatura delle strutture cosmiche a grande scala che potrebbe permettere di scoprire significativi indizi sulla natura dell'energia oscura.

L'energia oscura potrebbe essere la causa della sconcertante accelerazione della velocità di espansione dell'universo scoperta nel 1998, ma per poter valutare le diverse teorie avanzate per spiegare il fenomeno è necessario disporre di accurate misurazioni delle strutture a più larga scala presenti nell'universo.

I ricercatori hanno rilevato che le onde sonore nella "zuppa" primordiale di energia-materia delle primissime fasi dell'universo devono avere lasciato un'impronta rilevabile sulla distribuzione a grande scala delle galassie nell'universo. A questo scopo hanno sviluppato un metodo per misurare questa impronta osservando le emissioni radio del gas di idrogeno. Questa tecnica detta di mappatura dell'intensità, una volta applicata a vaste aree dell'universo potrebbe rivelare come la struttura a larga scala si sia evoluta negli ultimi miliardi di anni, fornendo indizi per orientarsi nelle diverse teorie sulla materia oscura proposte.

Per validare la tecnica i ricercatori la hanno sperimentata studiando con gli strumenti del Robert C. Byrd Green Bank Telescope (GBT) una regione dello spazio in precedenza analizzata in grande dettaglio nell'ottico dal telescopio Keck II, alle Hawaii. Il questi studi si erano utilizzati metodi spettroscopici per creare una mappa dettagliata in 3D di diverse migliaia di galassie.

"Fin dalla prima metà del secolo scorso gli astronomi hanno tracciato l'espansione dell'universo osservando le galassie. La nostra tecnica ci permette di saltare il passo della rilevazione delle singole galassie e di raccogliere le radioemissioni da un migliaio di galassie alla volta, come pure del materiale debolmente luminoso dietro di esse", ha detto Jeffrey Peterson, of Carnegie Mellon University.

I ricercatori hanno anche sviluppato una tecnica per rimuovere le interferenze radio di fonte antropica come pure di quelle provenienti dalle sorgenti astronomiche più vicine, lasciando solamente le deboli onde radio provenienti dall'idrogeno molto distante. Come risultato hanno ottenuto una "rete cosmica" che è chiaramente in relazione con la struttura mostrata dai precedenti studi nello spettro ottico.


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luglio 08, 2010

Benvenuti in Google Video: un grande archivio per la ricerca gratuita dei video.
Google Video è un servizio gratuito di Google che permetteva a chiunque di caricare (upload) filmati sui server web di Google e renderli disponibili a tutti. Gli utenti ora possono solo cercare e guardare i video direttamente da Google Video così come scaricarli e inserirli nelle proprie pagine web.

Dal mese di Ottobre, Google Video non permette più di caricare video, ma solo di cercarli. Google si giustifica dicendo che vogliono dedicarsi allo sviluppo di nuove tecnologie per il video search engine e per questo non possono più fare da hosting. Comunque i video già caricati sul portale rimarranno invariati. Analoghi servizi concorrenti sono: YouTube, iFilm, MetaCafe, Veoh, Outloud.tv, IFC Medialab, webmultimediale.it e FBC V-Files.

Google Video mira a offrire un grande archivio per la ricerca gratuita dei video. Oltre ai filmati amatoriali, viral advertisement (pubblicità), e trailer di film, il servizio punta a distribuire filmati commerciali professionali come film o contenuti trasmessi in televisione. Diverse compagnie mediatiche offrono prodotti su Google Video destinati all'acquisto, tra cui programmi CBS, NBA, video musicali e film indipendenti.

Inizialmente un certo numero di emittenti (come ABC, NBC, CNN) misero a disposizione contenuti in streaming o con sottotitoli nascosti (close captioning). In aggiunta l'archivio nazionale degli Stati Uniti (U.S. National Archive) usa Google Video per rendere documentari storici accessibili online.

Come effetuare la ricerca:

Digita il termine ricercato (prova con Google o Hilary Duff) o esegui una ricerca avanzata (prova titolo:Nike) e Google Video ti propone i risultati pertinenti disponibili nei suoi archivi.

Puoi visualizzare brevi anteprime facendo clic sull'icona "riproduci" (icona Riproduci) nella miniatura.

Se fai clic sulla miniatura, potrai aprire una pagina in cui visualizzare l'anteprima o il video intero, se gratuito. Oltre a visualizzare contenuti gratuiti, potrai anche acquistare o noleggiare contenuti premium presso Google Video Store tramite il tuo account Google.

Puoi scaricare buona parte di questi contenuti e visualizzarli sul lettore scaricabile Google Video Player.



Google ha aperto da poco una nuova “sezione” per la ricerca di video ma in pochi sono alla conoscenza che esiste una maniera lecita per scaricarli sul nostro PC e vederli offline.

Google Video Downloader permette il download dei Video da Google. Come?

- Andiamo su Google Video

- Cerchiamo il video che vogliamo vedere sul PC

- Copiamo l’URL

google_video_download.jpg

- Incolliamo l’Url su Google Video Downloader

- Google Video Downloader ci restituirà un link per effettuare il download del Video



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luglio 06, 2010

Aquasar, supercomputer amico dell'ambiente sviluppato da IBM.
IBM ha ultimato l'installazione, presso il Swiss Federal Institute of Technology di Zurigo (ETH Zurich), di un supercomputer basato su un nuovo sistema di raffreddamento ad acqua.

Big Blue afferma che questo sistema, chiamato Aquasar, permette di risparmiare fino al 40% in di energia rispetto ad una equiparabile macchina raffreddata ad aria e ridurre le emissioni di CO2 fino a 30 tonnellate ogni anno.

Ma i risparmi energetici permessi da Aquasar non sono soltanto diretti, ossia derivanti dalla possibilità, per le aziende, di ridurre drasticamente l'uso di impianti di refrigerazione dell'aria.

Come IBM spiegò nel marzo del 2008, quando annunciò per la prima volta il suo nuovo sistema di raffreddamento a liquido, Aquasar è stato concepito per convogliare l'acqua calda proveniente dal supercomputer verso i caloriferi di uffici e abitazioni.

È esattamente quanto avviene negli edifici universitari dell'ETH Zurich, il cui impianto idrico per l'acqua calda è alimentato dai radiatori periferici di Aquasar. Questo, secondo il big di Armonk, contribuisce a ridurre l'impatto della cosiddetta carbon footprint fino all'85%.

Sono questi i numeri snocciolati da IBM e da Swiss Federal Institute of Technology Zurich (ETH) che hanno diffuso i particolari del progetto Aquasar, modello di High Performance Computer dotato di sistema di riuso del calore in eccesso per riscaldare gli edifici dell’università svizzera.

Il cuore di questa nuova potente macchina, è costituito da due server IBM BladeCenter con montaggio in un rack, da due processori multi-core IBM Power XCell 8i e Intel Nehalem, in grado di fornire una performance di picco di 10 TeraFlops.

Aquasar, che verrà impiegato a Zurigo nell’attività di simulazione multiscala relativamente a problemi di nanotecnologia e dinamica dei fluidi, costituisce parte importante di un vasto programma di ricerca finalizzato allo sviluppo di sistemi di elaborazione ad alta performance e ad emissioni zero.

Prosegue così la marcia di IBM verso la sostenibilità ambientale che riceve continue conferme di risultato come dimostra il primato record conquistato nella classifica World’s TOP500 Supercomputer Sites col computer Roadrunner, installato presso il Los Alamos National Lab, campione di velocità (1,105 petaflops) e incluso nella lista dei più efficienti dal punto di vista energeti.




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