Spalanchi gli occhi, trattieni il fiato, nella penombra ovattata dell'anfiteatro. L'immagine sullo schermo mostra una foto satellitare del centro conferenze Microsoft dove ci troviamo: Ma improvvisamente si anima e si capovolge: saliamo in verticale, via da Seattle, via dall'America, via dalla Terra, verso il cielo stellato. Zoom, verso un puntino di luce lontano, che s'ingrandisce, che si allunga, diventa una galassia sempre più luminosa, sempre più dettagliata. E, zoom, ci troviamo dentro a uno dei bracci del mulinello stellare, in una supernova lontana 25 milioni di anni luce.
L'effetto visivo sfiora la magia, ma non è una simulazione, non è un videogioco. Stiamo navigando dentro un collage delle immagini raccolte dai più potenti strumenti di osservazione astronomica oggi a disposizione degli scienziati (Hubble Space Telescope, Chandra X-Ray Observatory, Sloan Digital Sky Survey etc.). Si clicca un'icona, si cambia la lunghezza d'onda delle rilevazioni: la stessa fetta di cielo ci appare ai raggi X o agli infrarossi. Ammassi di polvere cosmica, nubi d'idrogeno, eruzioni d'energia prima invisibili. E questo è solo un prototipo, un anteprima del World Wide Telescope, un progetto così ambizioso che immagina di integrare assieme, collegare fra loro, e rendere accessibile a professionisti e profani, tutti i dati raccolti sul cosmo che ci circonda. In altre parole: avete presente Google Earth? Questo è il suo equivalente per le stelle.
L'idea che il cielo si possa scrutare 'meglio' dentro al browser di un computer, invece che nel mirino di un telescopio, è la visione che ha sostenuto per anni il lavoro di Jim Gray, il celebre esperto di teoria del database impiegato dal laboratorio di Redmond della Microsoft Research. A fine gennaio, Grey è diventato anche il protagonista di un tragico mistero: è scomparso durante un'uscita in solitario in barca a vela, al largo di San Francisco, per disperdere le ceneri della madre in mare. Ma il suo sogno intanto si sta realizzando.
"Jim amava mostrare due grafici", ci racconta il suo collega Curtis Wong: "Nel primo si vede come la superfice di specchio installato in tutti i telescopi tradizionali del mondo raddoppiava in passato ogni 25 anni. Nel secondo si vede come la capacità dei sensori elettronici installati nei telescopi moderni raddoppia adesso ogni anno". Dal cielo piove insomma un diluvio di dati, un flusso che cresce a ritmo esponenziale. Lo Sloan Digital Sky Survey, uno dei progetti di mappatura della volta celeste oggi più aggiornati, ha raccolto ad esempio nove terabyte di immagini (un terabyte vale mille gigabyte). La prossima generazione di telescopi adesso in costruzione promette di raccogliere invece petabyte di informazioni (un petabyte sono un milione di gigabyte). Come si analizza un simile oceano di numeri? Come si trova l'ago nel pagliaio?
"L'astronomia è di gran lunga la scienza più popolare fra la gente comune", spiega il dottor Milan Maksimovic, astrofisico del Cnrs presso l'Osservatorio di Parigi: "Forse perché ci pone domande così profonde - com'è nato l'universo, da dove viene la vita - forse perché guardare le stelle è un'attrazione ancestrale, ci sono centinaia di migliaia di astronomi amatori in tutto il mondo". Questo può sembrare curioso, visto che almeno nella sua componente più teorica lo studio del cosmo ha raggiunto un livello di astrazione matematica assolutamente incomprensibile ai comuni mortali. Ma è invece un fenomeno in crescita silenziosa.
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