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novembre 17, 2011

Musica digitale, più 1000 %, sviluppo esponenziale. Google sfida Apple.

I dati Ifpi a livello mondiale confermano lo sviluppo esponenziale. In 7 anni, nate 400 piattaforme che vendono musica on line. In Italia, nel 2011, l'incremento è stato del 23 % con un fatturato di quasi 19 milioni di euro

Sono trascorsi 7 anni da quando iTunes sbarcò in Italia gettando di fatto le basi per lo sviluppo di "un mercato musicale liquido sino a quel momento inesistente, in termini di fatturato e di offerta digitale legale.

In questi ultimi anni il nostro Paese ha fatto passi importanti per proporre modelli di business sostenibili e soprattutto rispondenti alle esigenze di un consumatore sempre più tecnologico ed esigente".

Secondo i dati Ifpi a livello worldwide, nel 2010 sono "oltre 13 milioni le tracce disponibili negli store digitali ed oltre 400 le piattaforme che vendono musica online in tutto il mondo. I ricavi derivanti dalla musica digitale sono stati pari a 4,6 miliardi di dollari con un +6%. Globalmente in 6 anni, il mercato della musica online è cresciuto del 1.000%. A scattare questa fotografia è la Fimi, Federazione Industria Musicale Italiana.

"Nonostante le difficoltà e le resistenze culturali ed infrastrutturali, legate soprattutto alla mancanza di un'agenda digitale seria e di lungo periodo", l'industria musicale italiana ha creduto ed investito nella musica digitale ed oggi, "nei primi nove mesi del 2011, la quota di mercato ha raggiunto il 23% con un fatturato di quasi 19 milioni di euro ed una crescita, rispetto allo stesso periodo dall'anno precedente, del 17%".

I segnali sono "forti ed incoraggianti, le vendite digitali, che inizialmente riguardavo solo la top ten della classifica ufficiale, si sono spostate verso gli album ed hanno coinvolto anche il catalogo, non solo le new hit". Recentemente Fimi ha unificato la classifica ufficiale Gfk Album, considerando anche i download e non solo le vendite del prodotto fisico, questo per dare "un segnale importante alle tendenze del mercato".

"Cresce il download, crescono anche i ricavi basati sulla pubblicità, ovvero Youtube che, secondo gli ultimi dati Deloitte, sono aumentati del 39%. Molto è ancora da fare", l'Italia, che si è sempre collocata come mercato discografico nei primi 10 Paesi al mondo (nel fisico è l'ottavo mercato), per il digitale "si colloca solo al 16° posto".

Si sono riscaldati nei box durante l’estate, il periodo di preparazione è stato quasi parallelo, tutti hanno fatto giri di warm up a colpi di versioni beta ad invito. Ora i servizi cloud music di Apple, Google e Amazon si apprestano a confrontarsi in una gara all’ultimo byte. Questa notte è stata la volta di Google Music.

Nella cornice di un evento ufficiale, che ha avuto luogo presso i Mr. Brainwash’s Studios di Los Angeles, Digital Content Director di Google Jamie Rosenberg ha dichiarato chiusa la fase beta (100 milioni di brani scaricati in un’estate) e ufficializzato l’operatività di Google Music su tutto il territorio statunitense (funzionerà con qualsiasi dispositivo Android 2.2 o superiore).

Ogni utente avrà diritto a caricare sul cloud di Google Music fino a 20.000 brani (compresi quelli che ha già scaricato illegalmente), ai quali potrà in seguito accedere con qualsiasi dispositivo Android e, volendo, decidere di renderli disponibili anche offline. Superata quota 20.000, l’utente potrà acquistare brani scegliendo fra milioni di file presenti nel nuovo Google Music Store, o approfittare delle esclusive che alcuni artisti (gente del calibro di Pearl Jam e Rolling Stones) hanno già annunciato di voler rilasciare per la piattaforma di Google.

C’è chi ha pronti 6 dischi live inediti e li renderà disponibili solo per la nuova piattaforma (i Rolling Stones) e chi programma di pubblicare il prossimo disco esclusivamente su Google Music (Busta Rhymes). Ai singoli artisti (comprese le piccole band emergenti) sarà inoltre permesso di allestire, al costo di 25 dollari, un proprio negozio personale (l’Artist Hub) e vendere i propri pezzi direttamente da YouTube.

Un altro dato interessante è la scelta di Google di integrare fin da subito il nuovo servizio con Google+. L’utente potrà condividere i brani presenti nel cloud con tutte le cerchie di contatti. Quelli che a loro volta avranno l’utente in una cerchia potranno ascoltare gratuitamente l’intero pezzo, a tutti gli altri sarà concessa una preview di 90 secondi.

Nei piani iniziali di Mountain View, una volta uscito dalla fase beta il servizio sarebbe stato offerto a pagamento. Ma nell’ultima settimana l’atteso lancio di Google Music è stato bruciato sulla linea di partenza dall’uscita di iTunes Match, il servizio lanciato da Apple che ti condona fino a 25.000 brani per meno di 25 dollari all’anno. Risultato: Google Music continuerà ad essere gratuito.

Con questa mossa, Google si piazza in testa alla corsa, lasciando leggermente distaccato il servizio Apple (comunque vantaggioso per chi possiede i dispositivi con la mela) e lasciando il Cloud Drive di Amazon a farsi scorpacciate di polvere. Il servizio di Amazon, pur interessante, ha infatti il problema di non consentire di caricare automaticamente file non regolarmente acquistati da Amazon. Inoltre, allo stesso modo di iTune Match prevede un piano tarrifario che parte da un minimo di 20 dollari all’anno.

Il lancio di questi nuovi servizi coincide con un periodo di significativa controtendenza, per quanto riguarda la musica digitale. Mentre servizi di streaming come Spotify si espandono in nuovi paesi, per la prima volta si registra una frenata della pirateria a strascico che negli ultimi anni aveva segato le gambe dell’industria discografica. Non solo, le stesse industrie discografiche che hanno reso possibile l’offerta di Google Music (EMI, Sony, etc.) hanno iniziato a registrare un nuovo aumento delle vendite. Il mercato della musica digitale sta attraversando un periodo d’oro, basti pensare che negli ultimi 5 anni è cresciuto del 1000%, arrivando a toccare quota 4,6 miliardi di dollari (dati Ifpi).


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