
Che annuncia altre decine di lettere di diffida ai sindaci di altre città. Quali sono gli appalti nel mirino del garante? Quali sindaci hanno compiuto abusi? Chi sono i beneficiari delle «corsie preferenziali» per l'affidamento di lavori e servizi? E in definitiva, quanto costa alle casse pubbliche tutto ciò? LO SPRECO DEI COMUNI Impoveriti dai mancati introiti dell'Ici e dai tagli del trasferimenti statali, i Comuni continuano imperterriti a spendere più del necessario per gli appalti. La trattativa privata, a conti fatti, costa infatti - a parità di servizi erogati e di lavori eseguiti - almeno l'8 per cento in più. Tradotto in euro significa ogni anno uno spreco di 1 miliardo e 748 milioni. A che cosa serva questo spreco - quando non dovuto a semplice insipienza - lo spiega la stessa Authority, avanzando il sospetto che dietro la violazione dei principi della libera concorrenza ci siano gruppi politico-affaristici.
Scambi di favori, o peggio ancora collusioni con il mondo della criminalità. Secondo un documento riservato del garante degli appalti, al vertice della classifica dei Comuni che ricorrono più spesso alla procedura negoziata per lavori, servizi e forniture c'è Milano (63 per cento), seguita da Bologna (61 per cento), e Roma (53 per cento). Una situazione «intermedia» si verifica in altre città dove i valori oscillano tra il 22,3 di Torino e il 33 per cento di Napoli. L'Autorità di vigilanza sta provando appunto a mettere ordine in questo far west delle stazioni appaltanti pubbliche. «Se non si metteranno in regola con la legge - ammonisce Brienza - procederemo a ispezioni e denunceremo tutto alla Corte dei conti». Il danno erariale, spiega il garante, c'è. A quella cifra di quasi 2 miliardi all'anno di spreco si arriva partendo dal dato generale: in Italia il valore degli appalti pubblici ammonta a 100 miliardi l'anno (circa il 6 per cento del Pil) per un milione e mezzo di occupati. «Il ricorso alla procedura negoziata per 22 miliardi di euro - aggiunge Brienza - crea un aggravio di spesa dovuto al maggior costo rispetto alla procedura normale». Guardando le cifre ci si accorge che con la procedura negoziata si spunta in media un ribasso inferiore (del 15 per cento) rispetto a quello che si otterrebbe con l'appalto pubblico (ribasso del 23 per cento). In questa differenza è lo spreco.
Che va tutto a carico della collettività. Le domande sono d'obbligo: perché i sindaci cercano di aggirare le procedure che garantiscono i vantaggi del libero mercato? Perché non si affidano ai sistemi che offrono più trasparenza e maggiori risparmi? POLIZZE E SCUOLE Il Nord dunque ha il primato del ricorso alla trattativa privata. Loro, i sindaci, dicono che è necessario per «sveltire le pratiche burocratiche ed accelerare le procedure». Vediamo i casi più eclatanti, quelli già sotto osservazione negli uffici del garante. Il Comune di Milano guidato da Letizia Moratti per esempio ha assegnato con procedura diretta, senza alcuna pubblicazione di gara, una mega polizza «per i danni verso terzi» da 26 milioni di euro alla Milano Assicurazioni di Salvatore Ligresti. Società che ha chiuso il bilancio 2009 con una perdita di 169 milioni. Altro affido diretto, per così dire ad personam, è quello per la manutenzione degli edifici scolastici: 10 milioni e 367 mila euro alla società consortile F205 dei costruttori Corrado Ravelli, Sergio Grando e Giovanni Fenini. Il comune della Moratti per i lavori fa ricorso all'affidamento diretto solo nel 4,9 per cento dei casi. Ma batte tutti nella voce «servizi», dove tre volte su quattro si procede tramite procedura negoziata.
Alla fine la somma è questa: 16,5 milioni di «lavori», 10,5 milioni di «forniture» e 129 milioni di «servizi». Il maggior onere rispetto al bando pubblico - secondo il calcolo di Repubblica - ammonta a 12,5 miloni. Stessa «ripartizione» a Torino, che stanzia a trattativa privata 13 milioni per «lavori», 4,8 milioni per «forniture» e 144 milioni per «servizi». Gi stessi appalti, se assegnati a gara pubblica, sarebbero costati circa 13 milioni in meno. Anche a Torino c'è una società che senza gara d'appalto ha ottenuto i lavori di manutenzione ordinaria di «edifici vari» del Comune: la Lavorincorso di Giuseppe Merolla e Simona Schiavi. L'importo è decisamente meno esoso rispetto a Milano: 500 mila euro. Sergio Chiamparino, sindaco di Torino e presidente dell'Anci - l'associazione nazionale dei comuni italiani - nonché uno dei sette diffidati dal garante, la spiega così: «In generale la procedura negoziata serve ad accelerare le procedure burocratiche che sono molto lente e a snellire indirettamente le norme sugli appalti che sono inefficaci. Senza contare che alla lentezza della procedura secondo il bando pubblico non sembra corrispondere una garanzia di trasparenza e di difesa dalle infiltrazioni corruttive.

Il Comune spende per lavori a trattativa privata 249 milioni (20,6 milioni per le «forniture» e 159 milioni per «servizi»). Il mancato risparmio, rispetto alla procedura regolare aperta a tutti, ammonta a 34 milioni di euro. Tra il 2007 e il 2009 il Camnpidoglio ha moltiplicato le procedure negoziate rispetto alle gare d'appalto proprio per i lavori stradali. Il garante ha dato al sindaco Alemanno 30 giorni di tempo per giustificare il ricorso a quelle «procedure che non sono corrette in quanto in contrasto con i principi di non discriminazione, parità di trattamento e trasparenza». Le contestazioni alla giunta capitolina sono gravi quanto puntuali. Riguardano gli importi: «Il Dipartimento XII - si legge nella lettera di diffida - nel 2009 ha affidato con procedura negoziata 102 interventi per un importo complessivo a base d'asta di 82 milioni di euro». E la trasparenza: «Per quanto concerne i criteri di individuazione delle imprese invitate alle procedure negoziate, la Direzione dipartimentale ha fatto riferimento all'estrazione senza indicare eventuali elenchi di riferimento, né concrete modalità di estrazione». E poi: «Il Dipartimento politiche per la riqualificazione delle periferie ha proceduto esclusivamente a procedure negoziate senza indicare criteri prestabiliti per l'individuazione delle imprese da invitare». A Roma, «il servizio di monitoraggio del territorio comunale con l'elicottero per l'espletamento dei compiti istituzionali della polizia municipale» è stato assegnato, sempre con la procedura diretta, all'Elifriulia di Annamaria Coloatto. Perfino la «pulizia del fosso di ponte ladrone» la giunta Alemanno l'ha affidata a trattativa diretta alla srl dei fratelli Schiavi di Fiumicino. E poi c'è l'appalto da 800 mila euro delle divise estive dei vigili alla famiglia Marzotto. Tutte cose così urgenti da richiedere la trattativa privata? Perché Alemanno non ha invitato più imprese a sfidarsi nell'offerta, riservandosi poi di scegliere la migliore?
IL MODELLO ANTIMAFIA A volte gli appalti si trasformano in teatro dell'assurdo. A Napoli la giunta Iervolino per esempio ha consegnato direttamente alla cooperativa Fradel (amministratore Guglielmo Del Prete) l'incarico della «manutenzione straordinaria della scuola elementare Madonna Assunta» Peccato che la scuola sia già stata dichiarata inagibile un anno fa dalla Procura. L'amministrazione partenopea avrebbe nelle casse 8,6 milioni di euro in più se invece di affidare con procedura negoziata «lavori» per 23 milioni, «forniture» per 7,6 milioni, «servizi» per 76,6 milioni, avesse rispettato la normativa prevista dalla legge. A Bari, il sindaco Michele Emiliano ha incaricato di ristrutturare «l'arredo del centro sociale nel quartiere Enziteto» (nell'ambito dell'annoso e controverso «progetto cittadella») all'ingegnere Nicola Locuratolo e alla snc Lagomare di Luigi Altieri, ai quali ha assegnato 656 mila euro ciascuno. A Bari lo «spreco presunto» ammonta a un milione di euro, visto che l'amministrazione ha assegnato in modo diretto «lavori» per 6,6 milioni, «forniture» per 2,5 milioni e «servizi» per 3,6 milioni. Situazione diametralmente opposta si osserva nelle terre di mafia e 'ndrangheta: il comune di Palermo non ricorre praticamente mai (appena nell'1% dei casi) a tale procedura che del resto è espressamente limitata da una rigidissima norma regionale approvata in nome dell'antimafia. «Una gara trasparente e pubblica - spiega Ivan Lo Bello, presidente antimafia della Confindustria siciliana - è la garanzia che venga scelta sul mercato la ditta più competitiva.
Per questo tutte le amministrazioni dovrebbero utilizzare il tradizionale bando pubblico e prendere esempio dalla nostra normativa che riduce ai minimi termini il ricorso alla trattativa privata. Già nel nostro territorio la mafia ha la capacità di infiltrarsi nelle procedure pubbliche attraverso cartelli. Figuriamoci cosa potrebbe accadere se i lavori fossero affidati senza gara, ma in modo diretto». Un sistema di regole, quello contro mafia e altre organizzazioni criminali, che certo non ha impedito ai boss di controllare una grande fetta della spesa pubblica di ogni singolo comune. Ma che certo può limitare alle famiglie politico-affaristiche la possibilità di tagliare fuori dagli appalti le imprese meno «amiche». 63% A MILANO Nel capoluogo lombardo 63 appalti su cento sono senza gara 61% A BOLOGNA Si ricorre alla trattativa privata nel 61 per cento dei casi 53% A ROMA Nella capitale la licitazione privata riguarda 53 appalti su cento 1% A PALERMO Solo nell'1 per cento dei casi si fa ricorso alla trattativa privata REGNO UNITO In Inghilterra si fa ricorso a procedure negoziate con bando per appalti sopra soglia comunitaria (5 milioni di euro), in 102 gare su 2178, il 4,7 per cento dei casi GERMANIA In Germania si ricorre a trattativa privata con bando per importi superiori alla soglia comunitaria (5 milioni di euro) in 408 gare su 15445, il 2,6 % dei casi SPAGNA In Spagna si fa ricorso a trattativa privata con bando per importi superiori alla soglia comunitaria (5 milioni di euro), in 11 gare su 3213, lo 0,3 per cento dei casi.
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